La manovra finanziaria deve ancora essere approvata e probabilmente sarà emendata in diverse sue parti dalla stessa maggioranza che sostiene il governo Meloni. Molti dei provvedimenti ventilati in queste settimane potrebbero subire modifiche persino sostanziali. A oggi, comunque, esiste la previsione di un affrancamento al 14% per i redditi di natura finanziaria maturati su ETF, polizze Vita Ramo I e IV e fondi comuni d’investimento. Tuttavia, leggendo qua e là sulla stampa, esistono ricostruzioni su possibili novità relative anche a singole azioni e obbligazioni e persino terreni e quote di società private non quotate.

Capiamo, anzitutto, cos’è l’affrancamento. Si tratta della possibilità consentita ai titolari degli strumenti finanziari (e non?) sopra citati di pagare sulle plusvalenze maturate al 31 dicembre di quest’anno un’aliquota del 14% anziché del 26%. A patto, però, che il pagamento avvenga subito e non all’atto del disinvestimento. E purché i titoli posseduti nel caso delle polizze Vita non siano riscattati prima dell’1 gennaio 2025. Si ha la possibilità di pagare anche fino a tre rate annuali, ma dopo la prima rata sarà imposto un interesse del 3%.

Se si esercita l’affrancamento, all’atto del riscatto futuro degli strumenti finanziari la plusvalenza ordinaria del 26% sarà corrisposta sul valore vigente all’atto dell’affrancamento stesso. Ad esempio, se hai acquistato quote di un ETF a 30 euro nel 2018 e decidi di affrancarle a gennaio 2023 sulla base di un valore raggiunto di 80, pagherai il 14% sulla plusvalenza maturata di 50. Se tra dieci anni vendi la quota a 120, la plusvalenza del 26% la verserai sull’incremento di valore rispetto a 80 e non ai 30 euro iniziali.

Affrancamento non sempre conveniente

La convenienza fiscale di avvalersi dell’affrancamento sembra evidente, ma non è detto che sia così effettivamente. Anzitutto, se parliamo di titoli di stato o fondi che investono essenzialmente in titoli di stato, la tassazione è già del 12,50%, cioè più bassa dell’aliquota del 14% prevista.

E, poi, c’è il discorso della liquidità. Pagare subito e meno può essere una buona idea se si possiede denaro infruttifero. Se per pagare il 14%, invece, bisogna disinvestire qualche strumento finanziario, rischiamo di perdere future opportunità di guadagno superiori ai risparmi ottenuti.

Ad esempio, non è ancora chiaro se sarà possibile disinvestire le polizze Vita parzialmente al fine di ottenere la liquidità necessaria all’esercizio dell’affrancamento. In generale, comunque, se già avevi intenzione di riscattare l’investimento da qui a qualche anno, il provvedimento offre un’agevolazione fiscale chiara. Discorso diverso per chi vorrebbe mantenere i titoli in portafoglio a lungo. Con l’affrancamento rischi di privarti di liquidità, che potrebbe rendere di più se investita sui mercati.

E se i prezzi in futuro scendessero? In quel caso, avremmo pagato un’aliquota bassa, ma su plusvalenze che si sarebbero rivelate inesistenti. Praticamente, avremmo fatto meglio a non esercitare l’affrancamento. All’atto del riscatto, non avremmo pagato nulla o possibilmente meno. Le valutazioni andranno fatte caso per caso.

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