Ci sono situazioni che, pur essendo comuni a molti contribuenti, lasciano pesanti dubbi sul funzionamento del sistema previdenziale italiano. C’è chi si ritrova con carenze contributive “inspiegabili”, almeno dal proprio punto di vista. È il caso del lettore del quesito odierno, che presenta nel proprio estratto conto un paio di annualità incomplete, nonostante – a suo dire – abbia versato regolarmente tutti i contributi. Il problema è tecnico, perché dipende dal mancato versamento di contributi aggiuntivi che invece andavano corrisposti. E, udite udite, tutto nasce dalla dichiarazione dei redditi.
“Buonasera, stavo completando il calcolo della mia carriera contributiva per verificare se avevo diritto o meno ad andare in pensione con la quota 103 prima che sia troppo tardi, cioè prima che sia cancellata nel 2026.
Stavo verificando la mia carriera e tra estratto conto contributivo ed Ecocert INPS mi trovo con l’anno 1996 e l’anno 1999 coperti da 9 mesi di contributi ciascuno. Io però ho le copie dei modelli di versamento all’INPS che da sempre provvedo a fare. Perché sono un artigiano e quindi un lavoratore autonomo. Come mai mancano questi anni? Ho chiesto all’INPS ma non ci ho capito nulla o quasi. Pare che tutto dipenda dai miei redditi di quegli anni. Mi potete aiutare?”
Niente pensione per colpa della dichiarazione dei redditi: ecco un caso assai comune
Andare in pensione in Italia è complicato. Lo è perché i requisiti non sono facili da soddisfare, ma anche perché il funzionamento del sistema è tutt’altro che intuitivo. Per un lavoratore autonomo le difficoltà aumentano ulteriormente, perché le regole contributive sono particolarmente articolate. Il caso del nostro lettore è emblematico: si ritrova con contributi mancanti che non immaginava di avere.
Come, presumibilmente, gli avrà spiegato l’INPS, il motivo risiede nel minimale contributivo e nei contributi aggiuntivi da versare sui redditi eccedenti. In altre parole, un lavoratore autonomo versa i contributi da solo, senza un sostituto d’imposta – come accade invece ai lavoratori dipendenti – che si occupi di trattenere e versare tutto correttamente.
Per artigiani e commercianti esiste una soglia minima obbligatoria di contributi, il cosiddetto minimale contributivo, versato tramite rate trimestrali e indipendente dal reddito prodotto. Tuttavia, quando il reddito effettivo supera quel minimale, il contribuente deve versare ulteriori contributi calcolati sulla parte eccedente. Ed è proprio questo importo aggiuntivo a essere versato in sede di dichiarazione dei redditi.
Ci sono cose che non si possono più sanare, ecco l’omissione contributiva che fa perdere pensione
È molto probabile che questo sia il motivo per cui il nostro lettore si ritrova con due annualità non interamente coperte. E, considerando che si tratta di periodi molto datati, possiamo già dire che quelle posizioni sono da considerarsi prescritte: non più sanabili dal punto di vista contributivo, anche se ormai estinte sotto il profilo dei pagamenti.
In pratica, si ritrova con sei mesi di contributi mancanti che con ogni probabilità gli impediranno di completare i requisiti per accedere alla Quota 103 entro il 31 dicembre 2025, escludendolo completamente dalla misura, visto che nel 2026 – salvo sorprese – la Quota 103 sarà eliminata.
Purtroppo l’errore nasce dal mancato calcolo dei contributi aggiuntivi da versare oltre il minimale nella dichiarazione dei redditi dell’epoca, allora presentata tramite Modello 740 o Modello Unico.