Mentre il calendario per la prossima stagione è già stato stilato, gli italiani si chiedono ancora come finirà la battaglia per i diritti tv. Intanto, un altro quesito avanza nel cuore degli appassionati più curiosi; quante tasse si pagano in Serie A? Che tipo di pressione fiscale devono fronteggiare i nostri club? Scopriamolo insieme.

Una questione di soldi

Anche quest’anno il calciomercato ci presenterà nuovi campioni e ci farà dire addio ad altri. Come ogni anno in estate, i nostri club aprono le trattative per acquisti e cessioni, mentre lo spauracchio dell’Arabia Saudita si fa sempre più forte.

Perché tanti calciatori stanno scegliendo di andare a giocare nel campionato arabo? Anche in questo caso, la risposta è molto semplice: questione di soldi. I grandi sceicchi del posto possono permettersi ingaggi faraonici, oltre al fatto di pagare il prezzo del cartellino alle squadre proprietarie. Naturalmente, i soldi non mancano anche negli USA, e infatti il re dei re, Lionel Messi, ha scelto proprio la Major League americana per chiudere la sua carriera a suon di milioni.

l’Arabia Saudita sta però mettendo a segno colpi davvero importanti in questa finestra di mercato. Benzema, Brozovic e Milinkovic Savic sono solo alcuni dei nostri top player europei che hanno deciso di lasciare l’Europa per andare a giocare dagli sceicchi. Per l’ex Real ci saranno addirittura 200 milioni l’anno per almeno un biennio. Oltre agli ingaggi faraonici, c’è però da prendere anche in considerazione la diversa pressione fiscale. In Europa, ormai i 5 campionati principali si sono tutti omologati verso un unico sistema, pur con qualche variazione necessaria. Ma con entriamoci sul nostro paese. Quanto si paga di tasse in Serie A? A dire il vero il nostro paese risulta essere quello leggermente meno duro da questo punto di vista, almeno rispetto agli altri paesi più importanti d’Europa.

Tasse Serie A, quanto si paga?

Ad oggi, l’aliquota percentuale attiva al momento per i calciatori presenti nelle liste di Serie A risulta pari al 43% del loro stipendio annuo lordo. Nel 2019 però il governo Conte inserì una deroga con il decreto Crescita. La percentuale sopra citata si riferisce infatti ai contratti che superano i 50 mila euro annui, mentre invece l’aliquota scende al 25% per contratti che superano il milione di euro l’anno. Si paga però di più se il calciatore in oggetto non è stato residente in Italia nei due anni precedenti. Paga invece di meno se dichiara di voler vivere nel nostro paese anche nei due anni successivi (cosa che naturalmente si evince dalla durata del contratto stipulato con il club). Il sistema è abbastanza farraginoso anche in altri paesi europei, mentre invece in premier League, grazie al pragmatismo British, le cose si fanno più semplici: 45% di tassazione per tutti i calciatori tesserati dalle squadre del campionato.

Insomma, gli addetti ai lavori devono fare conti con le tasse della Serie A quando pensano di trasferirsi da noi per giocare nel nostro campionato. E naturalmente gli stessi ragionamenti sono alla base anche di coloro che stanno invece decidendo di iniziare la loro avventura professionale all’estero. Probabilmente questa pressione fiscale sta giocando un ruolo decisivo anche nella scelta di giocare negli Emirati Arabi, dove sono gli stessi sovrani del paese (spesso anche padroni di squadre di calcio) a decidere se e come prelevare denaro dagli stipendi dei propri campioni. Di questo passo, non è da escludere che la vera Champions tra qualche decina di anni, si andrà a giocare proprio da quelle parti.

Riassumendo…

  • alcuni big del vecchio continente stanno andando a giocare negli Emirati Arabi Uniti;
  • la pressione fiscale potrebbe essere uno dei motivi alla basse delle loro scelte;
  • in Italia i giocatori delle nostre squadre hanno imposte del 43% sullo stipendio, ma tale cifra si abbassa al 25% per contratti oltre il milione di euro.