Lo sciopero dei benzinai indetto per le giornate di mercoledì 25 e giovedì 26 gennaio 2023 è stato confermato tramite una nota diffusa dalle associazioni sindacali Fegica e Figisc/Anisa. L’agitazione interesserà l’intero territorio nazionale per 48 ore, con pesanti ripercussioni sulla mobilità. Soprattutto per chi dovrà effettuare lunghe percorrenze per motivi di lavoro o per raggiungere una meta di soggiorno per una vacanza organizzata da tempo.

L’ennesimo dietrofront dei benzinai arriva a ridosso del nuovo incontro tra sindacati e governo di domani, giovedì 19 gennaio.

C’è ancora tempo per ricucire lo strappo e scongiurare così lo sciopero? A quanto pare sì, come si legge nell’ultimo comunicato: “Per fare emergere serietà e competenza richiesta c’è tempo fino al minuto prima della chiusura degli impianti”.

Sciopero benzinai: il tira e molla prosegue, è davvero tutto finito?

Lo scorso 12 gennaio, in seguito al tavolo congiunto con l’esecutivo Meloni, i benzinai avevano scelto di congelare lo sciopero indetto nei giorni precedenti. Poi però nelle ultime ore la situazione è precipitata di nuovo. Con i sindacati che rimproverano il governo di non averli ascoltati per una questione così importante quale è il caro carburanti. Da qui il nuovo dietrofront, con la volontà da parte dei benzinai di confermare nuovamente le due giornate di sciopero per il 25 e 26 gennaio. Si tratta di una forma di protesta contro l’atteggiamento dell’attuale governo guidato dal centrodestra.

Il mancato finanziamento del taglio delle accise

Tutto è nato dalle accuse di diversi esponenti della maggioranza che hanno voluto puntare il dito contro le presunte speculazioni dei gestori dei benzinai. Secondo la tesi pronunciata da alcuni politici, dietro al rincaro dei prezzi alla pompa ci sarebbero scelte personali da parte dei distributori. Da qui l’insurrezione della categoria dei benzinai. Le sigle Fegica e Figisc/Anisa sono pronte a puntare il dito contro l’esecutivo Meloni, sottolineando come il governo Meloni abbia voluto giocare allo scaricabarile.

In tutto questo infatti bisogna ricordare che dal 1° gennaio 2023 il governo ha scelto di non finanziare più il taglio delle accise stabilito dal precedente governo Draghi. Da qui l’aumento del prezzo del carburante.

Intanto in Italia sono partiti controlli a tappeto in oltre mille pompe di benzina. Tra cui Eni, Esso, Kuwait Petroleum Italia e Italiana Petroli da parte della Guardia di Finanza. Questo al fine di verificare che la rete dei distributori ottemperi alle attività di controllo rispetto alla rete dei distributori, come riportato nell’articolo 20 del Codice del Consumo. Se lo sciopero sarà confermato, come dicevamo, per almeno 48 ore sono previsti disagi per chi dovrà fare carburante. Non si escludono quindi lunghe file ai distributori nei giorni precedenti.