Potrebbe cambiare ancora il Reddito di cittadinanza nel 2023. Le intenzioni del Governo vanno proprio su questa strada ma intanto una nuova stretta potrebbe arrivare prossimamente e riguarda la famosa offerta di lavoro congrua. La Legge di Bilancio 2023, ha modificato gli aspetti del sussidio. Oltre alla durata, che si accorcia a 7 mensilità, ci sono anche delle novità sull’offerta di lavoro congrua. Da quest’anno ottenere il sussidio sarà più difficile e abbiamo già visto perché. I percettori, infatti, per continuare a percepire il reddito di cittadinanza, dovranno già accettare la prima offerta di lavoro.
Reddito cittadinanza arriva una nuova stretta sull’offerta lavoro congrua, come potrebbe cambiare secondo i rumors
In sostanza, se è vero che per continuare ad ottenere il sussidio bisognerà accettare la prima offerta di lavoro, questa dovrà comunque essere congrua ossia rispettare quei dettagli legati alla distanza, retribuzione e competenze del beneficiario. Per adesso, quindi, il governo Meloni ha deciso di lasciare tutto così ma sappiamo che entro fine gennaio sarà previsto un nuovo decreto legato proprio alla misura. L’intenzione del Governo- come ha spiegato la ministra del Lavoro, Marina Calderone – non è togliere l’offerta di lavoro congrua ma cambiare alcuni aspetti. Quasi sicuramente non cambierà nulla per la parte che garantisce che “la retribuzione, deve essere almeno superiore alla quota minima erogabile a titolo di Rdc maggiorata del 10%.”
Quindi deve essere garantito uno stipendio di 856 euro. E in ogni caso la distanza tra la sede di lavoro e il domicilio non deve superare gli 80 km. Quello che potrebbe cambiare è relativo alle esperienze e competenze del percettore.
Dal 2024 sarà abolito del tutto
Il governo, quindi, nel decreto di fine gennaio, dovrebbe puntualizzare questo aspetto e di conseguenza potrebbe arrivare una nuova stretta per i percettori della misura. Va ricordato, infine, che a meno di cambiamenti, il governo Meloni dovrebbe abolire del tutto il reddito di cittadinanza a partire dal 1 gennaio 2024. I risparmi dovuti all’abrogazione saranno versati nel Fondo per il sostegno alla povertà e per l’inclusione attiva.