Con l’approvazione del Decreto Legge n. 129 del 20 ottobre 2020, il governo aveva bloccato il meccanismo che prevede il pignoramento di stipendi e pensioni fino alla data del 31 dicembre 2020.

La domanda è dunque cosa succederà a partire dal 1° gennaio 2021, quando la norma non sarà più in vigore. Su questo punto è intervenuta l’Agenzia delle Entrate che ha pubblicato le ‘Disposizioni urgenti in materia di riscossione esattoriale’, all’interno delle quali di definiscono i limiti entro i quali dovranno muoversi sia i debitori sia l’Agenzia delle Entrate stessa.

Le disposizioni dell’Agenzia delle Entrate sui pignoramenti pensione 2021

Qualora il cittadino si trovi in debito, è data la possibilità di pignoramento della pensione mediante un’azione diretta da parte dell’Inps (l’ente che eroga l’assegno). Le novità degli ultimi tempi sono state varie, dall’aggiunta di ulteriori limiti al cosiddetto tetto di minimo vitale, vale a dire la soglia al di sotto della quale non è possibile effettuare il pignoramento.

L’Agenzia ha chiarito innanzitutto come ha funzionato il blocco dei pignoramenti delle pensioni (e non solo), dichiarando che “sono sospese fino al 31 dicembre 2020 le attività di notifica di nuove cartelle (…) su stipendi, salari, altre indennità relative al rapporto di lavoro o impiego, nonché a titolo di pensioni e trattamenti assimilati”.

Dunque, a partire dal 1° gennaio 2021 dovrebbe ripartire il meccanismo: ma chi è a rischiare?

Chi rischia con i pignoramenti pensioni a partire dal 1° gennaio 2021

La risposta è semplice: a rischiare sono tutti quei pensionati che hanno contratto debiti con il Fisco e per i quali saranno in arrivo le carte dell’Agenzia delle Entrate. Esistono comunque dei limiti che sia l’ente di riscossione sia il debitore devono rispettare.

Qualunque forma di reddito può essere pignorabile fino al massimo del 20%, mentre per quanto concerne le somme contenute all’interno del conto corrente le regole prevedono limiti differenti a seconda che la liquidità presente risalga a prima o a dopo l’atto di pignoramento.

Facciamo un esempio: il denaro che è stato depositato sul conto corrente prima dell’atto di pignoramento può essere oggetto di riscossione soltanto nella parte che eccede il valore del triplo dell’assegno previdenziale; il denaro invece che è stato depositato dopo l’atto di pignoramento, vale la regole del quinto – significa che potrà essere pignorato il 20%.

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