E’ il giorno della seconda prova per gli studenti impegnati a svolgere gli esami di maturità 2015. Tacito al liceo classico: era l’autore più temuto e alla fine l’incubo si è avverato. Il testo è preso da “Gli ultimi giorni di Tiberio” e per la prima volta la versione è anticipata da un’introduzione che va a spiegare di cosa si parla. Erano ben 10 anni che non usciva Tacito al liceo classico. Gli studenti del liceo scientifico dovranno invece svolgere un questionario di matematica che si compone di 10 domande e 2 problemi.

Per gli istituti tecnici sarà invece la volta di economia aziendale, mentre per gli istituti di scienze umane, invece, sarà svolta la prova di Economia e Diritto. Quest’anno segna però il debutto dei licei coreutico e musicale, i cui studenti saranno chiamati a svolgere una prova rispettivamente sulle Tecniche della Danza e sulla Teoria, analisi e composizione.  

Traduzione degli Ultimi giorni di Tiberio, la versione di Tacito

Un nome temuto, quello di Tacito, che alla fine è uscito. La versione non sembra tra le più facili, ma con un bel po’ di pazienza l’obiettivo è raggiungibile. L’estratto scelto per la versione di latino è il seguente:   Iam Tiberium corpus, iam vires, nondum dissimulatio deserebat: idem animi rigor; sermone ac vultu intentus quaesita interdum comitate quamvis manifestam defectionem tegebat. Mutatisque saepius locis tandem apud promunturium Miseni consedit in villa cui L. Lucullus quondam dominus. Illic eum adpropinquare supremis tali modo compertum. Erat medicus arte insignis, nomine Charicles, non quidem regere valetudines principis solitus, consilii tamen copiam praebere. Is velut propria ad negotia digrediens et per speciem officii manum complexus pulsum venarum attigit. Neque fefellit: nam Tiberius, incertum an offensus tantoque magis iram premens, instaurari epulas iubet discumbitque ultra solitum, quasi honori abeuntis amici tribueret. Charicles tamen labi spiritum nec ultra biduum duraturum Macroni firmavit.

Inde cuncta conloquiis inter praesentis, nuntiis apud legatos et exercitus festinabantur. Septimum decimum kal. Aprilis interclusa anima creditus est mortalitatem explevisse; et multo gratantum concursu ad capienda imperii primordia G. Caesar egrediebatur, cum repente adfertur redire Tiberio vocem ac visus vocarique qui recreandae defectioni cibum adferrent. Pavor hinc in omnis, et ceteri passim dispergi, se quisque maestum aut nescium fingere; Caesar in silentium fixus a summa spe novissima expectabat. Macro intrepidus opprimi senem iniectu multae vestis iubet discedique ab limine. Sic Tiberius finivit octavo et septuagesimo aetatis anno.   Ed ecco la traduzione della versione di latino:   Senza dubbio le forze, ma non la dissimulazione abbandonavano Tiberio: ugualmente la freddezza interiore; circospetto nelle parole e nel viso, mascherava a tratti con una cortesia manierata il deperimento, per quanto manifesto. Dopo aver cambiato luogo sempre più spesso, infine si stabilì presso il promontorio di Miseno, in una villa appartenuta un tempo a Lucio Lucullo. Che in quell’occasione si stesse approssimando la sua morte, lo si seppe con questo espediente. Si trovava lì un medico valente di nome Caricle, non per intervenire direttamente sullo stato di salute del principe, ma per offrire tutta una serie di consigli. Costui, fingendo di allontanarsi per questioni personali, presagli la mano, come per ossequio, sentì il polso. Eppure non lo ingannò: poiché Tiberio, forse risentito e tanto più intenzionato a nascondere l’irritazione, ordinò di riprendere il banchetto e vi si trattenne più del solito, quasi intendesse onorare la partenza dell’amico. Tuttavia Caricle confermò a Macrone che lo spirito di Tiberio stava venendo meno e che non sarebbe sopravvissuto oltre due giorni. Da allora ci fu un rapido intrecciarsi di colloqui tra i presenti e un susseguirsi di messaggi ai legati e agli eserciti. Il diciassettesimo giorno prima delle Calende di Aprile, allontanatasi l’anima, si credette terminato il suo corso terreno; e già una folla di persone si congratulava con Gaio Cesare, che gustava l’ebbrezza del suo primo impero, quando venne riferita la notizia che Tiberio aveva riacquistato la voce e la vista e chiedeva che gli portassero del cibo, per rimettersi dallo sfinimento.
Il panico si diffuse in tutti, e si dispersero gli altri, fingendosi ciascuno mesto o sorpreso; Gaio Cesare, in un silenzio irremovibile, passò dalle più alte speranze all’apprensione più estrema. L’intrepido Macrone ordinò di soffocare il vecchio stendendogli sopra un mucchio di coperte e allontanò tutti dalla soglia. Così finì la vita di Tiberio a settantotto anni di età.