L’ultimo editoriale di Marco Travaglio si intitola “Cavalli di razza”. Protagonisti, o per meglio dire i bersagli, delle invettive del giornalista del Fatto sono i costituzionalisti. Travaglio a destra è considerato un “manettaro” ma in questo caso non ha avuto scrupoli a criticare e a sfottere chi un po’ per mestiere e un po’ per vocazione offre interpretazioni circa l’uso delle “manette”. L’argomento è sempre lo stesso: Silvio Berlusconi. Non potrebbe essere altrimenti, visto che il circo mediatico sta dando in questo periodo il meglio (o il peggio) di sé, esibendo i contorsionismi interpretativi, quasi da trapezio, dei berluscones.

Il vicedirettore del Fatto non lesina stoccate al Pd, soprattutto in Epifani, dipinto come una sorta di ritardatario, incapace di reagire a quel che – politicamente – accade intorno a lui.

Contro i costituzionalisti

Se qualcosa non piace a Travaglio, Travaglio la critica. Indifferentemente dal pulpito, che può essere anche prestigioso. Indifferentemente dalle logiche di posizione che tendono, a mo’ di semplificazione, a incasellare ciascuno in un ruolo dai contorni ben definiti. Da qui nasce l’ardore nel criticare gli uomini di legge, se si rivelano filo-berlusconiani anche solo velatamente. Il primo bersaglio è il presidente emerito della Corte Costituzionale, tale Capotosti. Il giornalista gli rimprovera il dietrofront compiuto all’indomani della sentenza che ha condannato Berlusconi in via definitiva. Capotosti ha sempre dichiarato che la Legge Severino, la stessa che sbatterebbe il Cav fuori dal Senato anche in assenza di interdizione, non necessita di interpretazioni: è già bella e completa così com’è. Peccato che dopo la sentenza “riecco Capotosti argomentare con la stessa sicumera di cui sopra che forse, in effetti, a ben guardare, potrebbe aver ragione anche chi sostiene l’incostituzionalità della Severino “retroattiva”, dunque il Senato potrebbe travestirsi da giudice e sollevare eccezione di incostituzionalità della Severino dinanzi alla Consulta”. Travaglio ne ha anche per Valerio Onida, colpevole di pensare che, sì, potrebbero aver ragione anche coloro che negano la retroattività della Legge Severino, e che dunque bisognerebbe rimettersi alla consulta.

Un altro bersaglio è Giovanni Fiandaca che ha dichiarato: “Noi giuristi potremmo benissimo sostenere efficacemente l’una e l’altra tesi”.

Cavalli di razza

I cavalli di razza, secondo Travaglio, sono proprio i giuristi che vengono impiegati nella difficile battaglia berlusconiana. Un’altra definizione, che restituisce la tragicità del loro compito, è quella di “scudi umani”. Uomini di affermata credibilità intenti nel salvare Berlusconi, a loro rischio e pericolo, però. Della scuderia fanno parta anche Michele Vietti, Carlo Galli, Umberto Ranieri… Il paragrafo finale è riservato all’immancabile invettiva contro il Partito Democratico, incarnato dall’inconsapevole segretario Epifani il quale, a dire di Travaglio, “è l’unico che non ha capito