Una proposta che lascia tutto il mondo a bocca aperta. Vendere la Gioconda a 50 miliardi di euro per salvare la cultura e il turismo messi in ginocchio dall’emergenza Covid-19. L’idea (se così si può definire), per molti assurda, è stata palesata da Stéphane Distinguin, fondatore della società Fabernovel (specializzata in consulenze sull’innovazione digitale) che qualche giorno fa ha rilasciato sulla rivista Usbek & Rica una dichiarazione choc che sta sollevando non poche polemiche. L’iniziativa è stata modulata in varie forme che spiega lo stesso Distinguin anche in un’intervista al “Corriere della Sera”.

La Gioconda è “l’albero che nasconde la foresta – ha commentato – un oggetto alto 79.4 centimetri, largo 54.4 e profondo solo 14 millimetri, e che fa ombra a centinaia di altri capolavori del Louvre. Compreso ‘Le nozze di Cana’ di Paolo Veronese, appeso lì accanto e che passerebbe, a causa della Monna Lisa, sempre inosservato. Inoltre la storica opera provoca da sempre liti con gli italiani che gridano “ridateci la Gioconda!”: questi e tanti altri motivi che giustificano le motivazioni secondo le quali per l’imprenditore sarebbe meglio liberarsene. Magari, come ha suggerito Distinguin vendendola a qualche principe arabo, farne una garanzia per una nuova moneta virtuale o mandarla in tournée nelle Puglie per rilanciare il turismo. Un’idea per molti assurda, per altri invece da valutare.

Inoltre, per arrivare a formulare il prezzo di 50 miliardi di euro, bisogna fare qualche paragone. “Teniamo conto – aggiunge Distinguin – che l’Uomo vitruviano, fatto arrivare a Parigi per i 500 anni è stato assicurato per un miliardo. Possiamo stimare che la Gioconda frutti al Louvre e indirettamente all’economia francese (tra merchandising, alberghi e biglietti aerei) grosso modo tre miliardi di euro l’anno. Cinquanta miliardi mi pare ragionevole, perché l’operazione abbia un senso bisogna chiedere una cifra enorme“. Ma al momento la sua sembra più che altro una provocazione.

Un’idea folle con reazioni prevedibili: “Dai nostalgici della monarchia che inorridiscono, ai conservatori che scuotono la testa perché il patrimonio coincide con l’identità di un popolo, ai più progressisti che comprendono la mia voglia di guardare avanti” ha concluso il signor Distinguin.