La giurisprudenza potrebbe aver scritto un altro importante tassello dopo la sentenza del Tribunale di Vicenza che dà torto all’INPS. Di cosa stiamo parlando? Di un processo nel quale l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale è stato bacchettato per aver attuato meccanicamente una regola che è vera solo in alcuni casi, e non sempre. Si tratta di quel paletto che dice di non superare i 5000 euro lordi annui di guadagno massimo per coloro che hanno accettato il pensionamento anticipato. In caso contrario bisognava restituire indietro il dovuto.

Ma a quanto pare ora non è più sempre così.

Cambiano le cose

Quota 100, 102 e 103, le misure flessibili sono argomento ben noto ai pensionati nostrani e aspiranti tali. I soggetti che hanno accettato un ritiro anticipato non possono tornare a cumulare redditi da lavoro fino al compimento dei 67 anni. Per i lavoratori autonomi però è sempre esistita un’eccezione, ossia quella di poter arrivare fino a 5000 euro di guadagno annuo lordo fino al compimento dei 67 anni. Il guadagno ulteriore va restituito. Il tribunale di Vicenza però ha cambiato le cose. Chi viola questo paletto è infatti costretto a dover restituire i pagamenti pensionistici ricevuti in precedenza, ma a quanto pare tale regola è stata applicata in modo meccanico e quindi andava necessariamente rivista.

Si è posto quindi l’accento innanzitutto sulle retribuzioni minime, ossia coloro che hanno sì superato il limite, ma senza esagerare. Altro argomento importante è quello sulle intenzioni del pensionato: si è trattato di una violazione volontaria o di un normale errore? I casi sono diversi, e soprattutto numerosi, e quindi la giurisprudenza ora deve far fronte alla molteplicità del fenomeno per poterlo quindi distinguere. Benché le notizie siano davvero tante e meritevoli di una trattazione specifica, vista l’importanza data dai giudici, è impossibile raccontarli tutti, ma possiamo comunque citare un singolo caso a modello di quanto accaduto.

INPS perde in tribunale, il caso famoso

La vita del pensionato non è sempre facile, soprattutto nel nostro Paese.

C’è chi guarda a nuovi paradisi fiscali per pagare meno tasse, chi invece cerca notizie di questo di questo tipo per vedere il bicchiere mezzo vuoto. Tra i casi di questo genere più noti e chiacchierati del paese c’è quello accorso nel 2020, con un uomo andato in pensione con quota 100. Il neo pensionato aveva poi accettato a 63 anni un ruolo di comparsa percependo 78 euro. Si trattava di lavoro subordinato e per questo motivo fuori dal lecito. E cosa ha fatto l’INPS? Ha fatto partire una richiesta di restituzione di ben 24 mila euro. Nasceva così l’iter giudiziario del pensionato in questione, il quale si trasformava in un vero e proprio incubo tra avvocati vari.

Questi ultimi hanno fatto notare che tale partecipazione come comparsa al programma televisivo Luce dei tuoi occhi, non poteva in nessun modo essere paragonata al normale reinserimento nel mondo del lavoro. Il giudice del lavoro, Paolo Sartorello, ha accolto il ricorso presentato reputando l’importo ricevuto compatibile con l’erogazione della pensione ottenuta con quota 100. Ciò significa quindi che queste prestazioni lavorative sporadiche e di basso importo possono quindi essere slegate dal concetto di lavoro subordinato, anche qualora non si tratti di lavoro autonomo, o almeno questa sembra essere la linea che la giurisprudenza ha tracciato in questo senso. A quanto pare l’INPS dovrà rivedere il suo regolamento, se non vorrà subire altre scoppole in tribunale.

I punti salienti…

  • il tribunale di Vicenza dà ragione a un pensionato e bacchetta l’INPS;
  • la restituzione dei pagamenti pensionistici per chi ha percepito somme extra va contestualizzata;
  • l’uomo aveva percepito 78 euro per una comparsa in tv e l’INPS gli aveva chiesto 24 mila euro da restituire.