Un paio di giorni fa la maggior parte degli organi di informazione ha rilanciato la notizia secondo cui una direttiva europea sulla trasparenza salariale avrebbe permesso di sapere lo stipendio dei nostri colleghi. Lo scopo è combattere il fenomeno del gender gap, che in Europa è ancora molto presente.

Le cose però non stanno esattamente così. Tutti, o quasi, hanno dato la direttiva Ue per certa, così come il suo contenuto, parlando di fine del cosiddetto “segreto salariale”. Lo ripetiamo: la realtà dei fatti è un po’ diversa da come è stata raccontata dai principali quotidiani italiani.

Anche noi ne abbiamo parlato. 

In primis occorre specificare che la direttiva europea non è una legge ma un atto giuridico che stabilisce in linea generale degli obiettivi che gli Stati Ue devono conseguire entro un certo lasso di tempo. Inoltre sono i singoli Paesi dell’Unione europea a decidere come raggiungere gli obiettivi prefissati dalla direttiva europea.

La direttiva europea, spiegata

Da qui il primo equivoco: se è vero la direttiva europea è stata approvata, ciò non significa che sia subito vincolante per questo o quell’altro Stato. E questa non è l’unico errore compiuto dai mezzi d’informazione italiani, stando a quanto riporta il sito Pagella Politica.

Per quanto riguarda la direttiva europea in questione, ci si riferiscono alla numero 2023/970, approvata in via definitiva il 10 maggio scorso. Ecco quanto riporta il testo: “Rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione”.

Busta paga, ancora non potremo conoscere lo stipendio dei nostri colleghi

E ancora più importante è quanto segue. Leggendo il testo della direttiva, come sottolinea Pagella Politica, è chiaro che l’obiettivo del provvedimento è di contrastare la disparità salariale ingiustificata, non invece consentire ai lavoratori di sapere lo stipendio dei colleghi.

La direttiva spiega infatti che dovranno essere i datori di lavoro stessi a informare i loro dipendenti circa gli eventuali divari retributivi all’interno della propria organizzazione. Insomma, sicuramente si punta a combattere la disparità di genere sul lavoro, ma questo non vuol dire che si potrà sapere quanto guadagna un collega.

La direttiva, inoltre, chiede agli Stati  membri, dei procedimenti per il risarcimento del danno subito dalle lavoratrici lese dalle violazioni degli obblighi di parità.

Queste regole non entreranno subito in vigore. Infatti gli Stati Membri, e quindi anche l’Italia, avranno tempo fino al 7 giugno 2026 per attuare la direttiva. Nel frattempo, sono già in vigore altri strumenti, come il Codice delle Pari Opportunità e il procedimento per repressione della discriminazione in grado di aiutare contro le discriminazioni.

Riassumendo

– Da giorni i quotidiani nazionali parlano della fine del cosiddetto segreto salariale dopo il via libera di una direttiva Ue sulla trasparenza riguardo ai salari.
– Le cose però non stanno esattamente così, come ha spiegato in un recente approfondimento il sito Pagella Politica.
– Innanzitutto la direttiva Ue non è una legge ma un atto giuridico. Inoltre gli Stati membri dell’Unione europea hanno la libertà di decidere come raggiungere gli obiettivi prefissati dalla direttiva.
– L’altra cosa importante da sapere è che in nessuna parte del testo c’è scritto che i colleghi potranno conoscere il salario dei colleghi.
– La direttiva dice soltanto che i datori di lavoro dovranno informare i loro dipendenti sui divari retributivi esistenti all’interno della propria organizzazione.