Reddito di cittadinanza sì. Reddito di cittadinanza no. La discussione continua a infervorare l’animo di chi lo difende a spada tratta e chi invece ne farebbe tabula rasa insieme a coloro che lo hanno promosso.

Perché questo strumento di solidarietà ispira, allo stesso modo, simpatie e antipatie? La risposta potrebbe apparire piuttosto scontata. Chi lo percepisce gode di un vantaggio economico senza fare alcuno sforzo, e chi invece lavora sente di star “mantenendo” una schiera di nullafacenti abituati a parassitare Il prossimo.

Un prossimo che per vivere il suo tempo lo trascorre dentro un ufficio, un cantiere, un negozio o in qualsiasi altra attività lavorativa. Per non parlare poi della classe imprenditoriale che vede questa misura di sostegno economico come la colpevole della difficoltà a reperire personale e lavoratori.

Vediamo dunque come due diverse teorie mettono l’accento sulla necessità di attivarsi in qualche modo – soprattutto entrando in azione – per contribuire a risolvere uno stato di crisi che, ormai da anni, affligge il nostro bel Paese.

La Teoria delle Buche di Keynes

Nella sua Teoria generale, elaborata nel 1936, Keynes spiega con una esempio molto efficace come in un momento storico caratterizzato da forte crisi economica, anche il semplice “mettere persone a scavare buche per poi riempirle di nuovo” fungesse in qualche modo da stimolo alla ripresa.

L’esempio portato dal grande economista, meglio conosciuto come Paradosso di Keynes, recita “Se il Tesoro si mettesse a riempire di biglietti di banca vecchie bottiglie, le sotterrasse ad una profondità adatta in miniere di carbone abbandonate, e queste fossero riempite poi fino alla superficie con i rifiuti della città, e si lasciasse all’iniziativa privata… di scavar fuori di nuovo i biglietti…, non dovrebbe più esistere disoccupazione e, tenendo conto degli effetti secondari, il reddito reale e anche la ricchezza in capitale della collettività diverrebbero probabilmente assai maggiori di quanto sono attualmente”.

Quindi, siamo ben distanti dallo scavare e riempire buche fine a sé stesso, senza alcuna funzione socio-economica, come in molti semplificano il pensiero dell’economista britannico al fine di screditarlo.

Il caso dello Sgusciatore di Telline

Cosa c’entrano invece, con il reddito di cittadinanza, le telline e il compito di sgusciarle per farsi un piatto di spaghetti?

Al netto della polemica aperta a mezzo articolo da un giornalista di un noto quotidiano, decisamente contrario al dunque alla misura di sostegno adottata dal governo a favore di chi non ha un lavoro (almeno ufficialmente), la novella teoria dello “sgusciare telline” non si distanzia poi così tanto da quella di Keynes e dalle sue buche.

In sostanza, l’autore della chiara provocazione a mezzo stampa afferma che, visto il tempo che occorre per sgusciare le cosiddette “vongole dei poveri” – definizione peraltro smentita dal prezzo delle telline, circa 16 euro al chilo – e il conseguente costo di un piatto di spaghetti con le piccole bivalve, i fruitori del reddito di cittadinanza dovrebbero mettersi a disposizione dei ristoratori delle zone di mare per, appunto, sgusciare le telline.

Dunque, sintetizzando potremmo dire che lo “scavare buche” dell’economista britannico potrebbe essere paragonato all’elargizione di un sussidio a favore dei disoccupati così da iniziare a ricostruirsi una nuova vita, e lo sgusciare telline allo scavare buche e poi riempirle di John Mainard Keynes.

Alla fine la morale e l’obiettivo, nonostante i dovuti distinguo, sembrano essere gli stessi: far circolare denaro per smuovere e mantenere in vita l’economia di un paese.