Potrebbe essere stato un fulmine durante il nubifragio a causare l’incendio nella raffineria Eni di Taranto. Gli ambientalisti denunciano il versamento di petrolio in mare: la macchia male odorante di “materiale grigiastro semiraffinato in acqua” è ben visibile ma la Capitaneria di Porto di Taranto ha risposto alle parole del presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti, sminuendo l’entità dei danni “È assolutamente tutto sotto controllo, la chiazza non si disperde al largo ma è tutta sotto costa, non c’è necessità di circoscriverla in mare”.

In pratica il versamento, che ha un’estensione di 80 metri lineari sotto costa con una ampiezza verso largo di 10 metri, viene spinto sotto la costa dal  moto ondoso.   Con la collaborazione degli uomini della società Ecotaras, gli uomini della Capitaneria, hanno monitorato la chiazza: pare si tratti di “prodotto idrocarburico molto leggero”. Anche Eni ha parlato di minime fuoriuscite di idrocarburi dovute all’effetto di ‘trascinamento’ ( ossia il blocco improvviso degli impianti), che stanno determinando il cosiddetto fenomeno di iridescenza sulla superficie del mare. Si attendono comunque i risultati delle analisi su un campione prelevato da parte degli esperti dell’Arpa per ricostruire la dinamica degli eventi e stimare l’entità dei danni con precisione. Intanto il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli è certo della gravità di quanto accaduto, soprattutto in una zona critica come questa: Taranto combatte ogni giorno la sua battaglia contro l’inquinamento dell’Ilva. Per questo motivo Bonelli ha deciso di sporgere denuncia in procura a Taranto posto le centraline perimetrali di monitoraggio previste dall’Aia non sarebbero attive. “Un blocco di energia elettrica nello stabilimento Eni di Taranto – attacca Bonelli – ha provocato l’addensarsi in cielo di fumi neri rendendo l’aria irrespirabile nel quartiere Tamburi’’. Già Tamburi, lo stesso a ridosso dell’Ilva.