Alitalia avrà carburante per volare solo fino al 12 di ottobre, poi sarà il fallimento. Lo chiarisce categoricamente Paolo Scaroni, ad Eni, da New York. Se la compagnia non gode della fiducia dei suoi stessi azionisti, il ragionamento del manager del Cane a sei zampe, non possiamo accordargliela noi, spiega. Altri 4 giorni ed Eni non darà più un goccio di carburante per volare, vantando insieme ad Adr 120 milioni di crediti sui 128 milioni di cassa a disposizione di Alitalia. Eni fornisce ogni anno carburante per 1,2 miliardi di euro alla compagnia, mentre Adr è nelle mani di Benetton e azionista al 9%, contemporaneamente fornendo servizi per centinaia di milioni di euro all’anno.

I “capitani coraggiosi”, ossia gli azionisti privati che hanno ricevuto in dote la compagnia nel 2009, non hanno accettato l’ipotesi di un aumento di capitale da 3-500 milioni, necessario per stilare un piano industriale di rilancio da qui al 2016. Si esprimeranno solo in favore di un mini-aumento da 100 milioni, sufficiente per fare volare la compagnia per qualche altro mese, sempre che non resti a terra prima.  

Crisi Alitalia: il lungo elenco dei creditori

In questi cinque anni, Alitalia ha accumulato perdite per 1,1 miliardi e debiti per un altro miliardo (946 milioni). L’elenco dei creditori è lungo (oltre ad Eni e Adr): Unicredit per 180 mln, Banca Intesa per 100 mln, Banca Popolare di Sondrio per 90 mln, MpS per 70 mln, 336 milioni residui per l’acquisto di 20 Airbus e 10 Bombardier, a fronte di crediti per 80 milioni per biglietti e servizi non pagati in Colombia, di cui potrebbe occuparsi Sace per la riscossione. Serve un rilancio che potrebbe arrivare solo dall’ingresso di un nuovo socio con liquidi freschi, cosa che non s’intravede all’orizzonte.  

Fusione Air France Alitalia: le ultime carte di Letta

Il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, ha smentito l’ipotesi di un ingresso nel capitale di Ferrovie dello Stato.

Evidentemente, non si è trovato un accordo con l’ad Mauro Moretti. Sfumata da settimane anche la possibilità che possa intervenire la Cdp o una delle sue controllate (Fsi, Sace, Fintecna), perché per statuto possono rilevare solo quote in società non in perdita e per ragioni di difesa di un interesse nazionale, ma l’asset Alitalia non appare così strategico.   APPROFONDISCI – Lo Stato italiano si compra i suoi colossi. I casi di Ansaldo e Alitalia   Per questo, il governo italiano sarebbe intenzionato ad entrare direttamente nella compagnia al 16%, stessa quota che il governo di Parigi detiene in Air France. Ma il ministro francese dei Trasporti, Fréderic Cuvillier, ha espresso scetticismo sui tempi, sostenendo di non sapere se Alitalia potrà attendere l’iter di una fusione.  A conferma dello stato finanziario drammatico della compagnia. L’intento del premier Letta sarebbe di giungere alla fusione con Air France-Klm, facendo sostenere Alitalia da un soggetto pubblico che la rafforzi. Ma nessuno, nemmeno le società a controllo statale, voglioni imbarcarsi in una disavventura annunciata, mettendosi sul groppi 14 mila dipendenti e una compagnia senza un piano industriale e senza una prospettiva che vada oltre la sopravvivenza dell’oggi. Ancora una volta sarà lo stato, ossia il contribuente, a salvare Alitalia con soldi pubblici, pagando per essa i debiti verso l’Eni e partecipando all’aumento di capitale da 500 milioni. Un’operazione che porterebbe via dalle casse statali qualche centinaio di milioni di euro. Per poi giungere all’esito inevitabile di un svendita ai francesi, visto che nessuno la vuole.