Dalla riunione della Banca Centrale Europea di questo giovedì non è arrivata alcuna sostanziale novità. Come da previsioni, i tassi di interesse sono stati confermati ai livelli fissati a giugno. In conferenza stampa, il governatore Christine Lagarde non ha escluso nuovi tagli, confermando l’approccio “data dependent”. Ma in pochi ci credono con l’aggiornamento delle stime macro. La crescita dell’economia nell’Eurozona è stata rivista al rialzo dello 0,4% complessivo nel triennio 2025-2027 rispetto alle stime di giugno, così come l’inflazione dello 0,1%. E viene il dubbio che i governi dell’area dovranno affidarsi maggiormente alla leva fiscale, alla luce di altre dichiarazioni di Lagarde.
BCE riduce sostegno all’economia
La francese ha fatto presente che un cambio dell’“euro più forte“ accelererebbe la discesa dell’inflazione. In estate, il suo vice spagnolo Luis de Guindos aveva espresso preoccupazione circa il possibile superamento della soglia di 1,20 contro il dollaro. Non a caso, il cambio da allora si è indebolito, smettendo di correre. Era a 1,035 ad inizio anno. Preoccupava il veloce apprezzamento per le sue implicazioni negative sulle esportazioni, già vessate dai dazi americani.
La maggiore resilienza dell’economia europea ha convinto la BCE a lasciare salire un po’ di più l’euro. In questo modo, l’inflazione si ancorerebbe al target del 2%. In agosto, è risalita al 2,1%. Tuttavia, questo vorrebbe anche dire lasciare i governi con la sola leva fiscale per rinvigorire la crescita economica. In effetti, senza ulteriori tagli dei tassi consumi e investimenti smetterebbero di essere sostenuti. E con un euro più forte verrebbe meno anche il sostegno alla domanda esterna.
Rendimenti già saliti, rischio di crisi del debito
Volente o nolente, il messaggio che sembra arrivare da Francoforte sarebbe di affidarsi alla leva fiscale, cioè al deficit spending. Ma qui sorgono due problemi. Il primo è che pochi stati dispongono di margini nei conti pubblici. Tra questi vi è la Germania, che ha già annunciato un maxi-piano pluriennale a debito di 1.000 miliardi. Il secondo è sotto gli occhi di tutti. I rendimenti a lungo termine sono saliti vertiginosamente nell’Eurozona, Germania compresa. E la crisi francese testimonia come i mercati stiano prendendo di mira con particolare vigore quelle economie percepite come fiscalmente lassiste.
La leva fiscale non è un’opzione. A meno di non volere flirtare con una nuova e potente crisi dei debiti sovrani. Né la BCE può tagliare i tassi con un’inflazione che non scende. La prossima settimana, quasi certamente la Federal Reserve tornerà a tagliare i suoi tassi dopo nove mesi. Il dollaro è destinato ad indebolirsi ulteriormente. L’euro si apprezzerà e ciò in sé non è un male, anche perché oggi è storicamente molto debole. Il problema è dei governi, che dovranno fronteggiare una crescita asfittica senza sostegni esterni. Tralasciamo per decenza le stime della BCE.
Leva fiscale opzione non disponibile
Non a caso Lagarde ha invitato a fare le riforme. Un’economia in salute non cresce solo quando i tassi e il cambio sono tenuti artificiosamente bassi o il governo fa debiti. Queste dovrebbero essere condizioni eccezionali. Da tempo sono diventate la regola. Il malato, anziché cercare di guarire, si affida ai palliativi. Senza leva fiscale, taglio dei tassi, euro debole e riforme, la crescita dell’economia europea non si rafforzerà nei prossimi trimestri.
E con Germania e Francia epicentro di convulsioni politiche e sociali, c’è il forte rischio di una degenerazione della crisi, al netto delle tensioni geopolitiche. A quel punto la BCE s’inventerebbe qualcosa per tornare a sostenere debiti sovrani, domanda privata ed esportazioni. Ed ecco perché François Villeroy de Galhau, governatore della Banca di Francia, è intervenuto il giorno dopo il board per ribadire che il ciclo dei tagli potrebbe non essersi concluso.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

