Il connubio tra argomenti che possono sembrare nettamente differenti, ma che in realtà non lo sono, porta a una serie di riflessioni. Per esempio, a causa di cartelle esattoriali può accadere che ad alcuni pensionati vengano erogate, anche solo per un periodo limitato, pensioni inferiori a quella spettante.
Se il debitore è un pensionato, è frequente che si arrivi al pignoramento della pensione. Parliamo del pignoramento presso terzi, che può coinvolgere direttamente l’INPS, la quale trattiene una parte dell’assegno pensionistico e la gira all’Agenzia delle Entrate Riscossione per saldare il debito del pensionato. Ma può essere coinvolta anche la banca presso cui la pensione viene accreditata: in questo caso, il soggetto terzo è proprio l’istituto bancario, che applica la trattenuta sul bonifico mensile ricevuto dall’INPS e trasferisce l’importo all’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Il problema delle cartelle esattoriali per chi vuole andare in pensione
Pensioni e cartelle esattoriali possono essere analizzate anche da un’altra prospettiva. In questo caso, non si parla di tagli sull’importo della pensione, ma di diritto a percepirla. Infatti, per colpa di una cartella esattoriale non pagata, c’è chi rischia di restare senza pensione.
Le due domande giunte in redazione
“Buongiorno, sono titolare di un piccolo bar di provincia e mi avvicino ai 67 anni, che compirò a novembre 2025. Probabilmente l’anno prossimo andrò in pensione. Ho un dubbio però: ho 3.000 euro di cartelle esattoriali da versare all’Agenzia delle Entrate Riscossione, tutte relative all’INPS, perché non ho versato i contributi, soprattutto negli ultimi anni. Nel 2022 ho chiesto la rateizzazione e, dopo qualche mese di pagamenti, ho smesso di versare.
Non so se la rateizzazione sia ancora attiva o se sia decaduta. Non credo di arrivare a 20 anni di contributi: penso di essermi fermato a 18 o 19, proprio perché quelli non versati non risultano accreditati. Come posso fare per andare comunque in pensione? Devo chiedere i contributi volontari, continuare a versare per qualche anno e rimandare la pensione, o devo pagare le cartelle?”
“Salve, sono titolare di un negozio di abbigliamento. Ho 40 anni di contributi versati e 63 anni di età. Ho rateizzato, tramite rottamazione, alcune cartelle esattoriali, comprese quelle per contributi da lavoro autonomo non versati: parliamo di almeno 3 anni di omissioni. Secondo voi, se pago subito tutte le cartelle INPS, posso andare in pensione, visto che arriverei a oltre 43 anni di contributi? E se sì, come posso fare, considerato che l’ultima rata della rottamazione scade nel 2027?”
Le cartelle esattoriali incidono anche sul diritto alla pensione di un lavoratore? Ecco come
Il caso del nostro lettore è solo uno dei tanti. Molti lavoratori autonomi si trovano in difficoltà per la loro pensione, soprattutto per le problematiche legate al mancato pagamento dei contributi INPS nel corso della carriera. Una situazione aggravata dalla pandemia e dalla successiva crisi economica, amplificata dai conflitti internazionali.
In pratica, piccoli imprenditori e autonomi in difficoltà finiscono per non versare i contributi nei tempi previsti.
Se una cartella riguarda tasse e imposte, il problema è grave ma non compromette direttamente il diritto alla pensione. Diverso è il caso dei contributi previdenziali: una cartella per contributi non pagati significa che quelle somme non vengono registrate nell’estratto conto contributivo del lavoratore. E i contributi, oltre a incidere sull’importo della pensione, sono essenziali per maturare il diritto stesso.
Ecco che genere di situazione può scaturire dal mancato pagamento dei contributi INPS
Chi non versa i contributi può trovarsi impossibilitato a raggiungere i requisiti contributivi richiesti dall’INPS: ad esempio, i 42 anni e 10 mesi per la pensione anticipata o i 20 anni per quella di vecchiaia. I nostri due lettori rientrano in questa casistica.
La soluzione, in entrambi i casi, è semplice: pagare le cartelle. Una volta saldato il debito, i contributi omessi vengono accreditati nell’estratto conto, permettendo di completare la carriera contributiva.
Il primo lettore, che chiede se optare per contributi volontari, prosecuzione lavorativa o pagamento delle cartelle, può scegliere una qualsiasi di queste vie. Tuttavia, nei primi due casi resterebbe comunque il debito contributivo. Il consiglio, quindi, è di saldare quanto prima le cartelle relative ai contributi INPS omessi, magari riprendendo a pagare le rate se la rateizzazione è ancora attiva. In genere, infatti, un piano di rateazione ordinario delle cartelle ha una scadenza precisa.
Rottamazione delle cartelle esattoriali: ciò che conta è il pagamento finale
Diversa la situazione del secondo lettore, sia perché si parla di pensione anticipata e non di vecchiaia, sia perché è coinvolta la rottamazione delle cartelle. Questa procedura ha previsto sconti su sanzioni, interessi e aggio di riscossione, con un pagamento dilazionabile fino a 18 rate trimestrali e scadenza finale a novembre 2027.
Finché l’intero debito non sarà saldato, la carriera contributiva necessaria per la pensione anticipata non sarà considerata completa. L’alternativa sarebbe interrompere i pagamenti della rottamazione, decadere dai benefici e saldare subito l’intero importo residuo senza sconti, utilizzando quanto già versato come acconto. In questo modo si potrebbero pagare immediatamente le cartelle relative all’INPS, permettendo di accedere prima alla pensione.
Cartelle e pensioni: ecco quando le sanatorie non aiutano
La rottamazione delle cartelle è una forma di sanatoria che prevede sconti e riduzioni, ma non cancella il debito.
Diverso il caso degli sgravi totali, come il saldo e stralcio di qualche anno fa o la cancellazione d’ufficio delle cartelle più vecchie disposta dal governo.
Chi ha beneficiato di una cancellazione totale di cartelle legate a contributi previdenziali non versati, oggi può trovarsi con anni contributivi mancanti, senza possibilità di recuperarli. Infatti, se le pendenze dei due lettori fossero state azzerate d’ufficio, quei contributi non sarebbero stati mai accreditati, e mancherebbe comunque il requisito contributivo per andare in pensione.
Se manca un anno per il pensionamento, resterà mancante, obbligando a optare per prosecuzione lavorativa o versamenti volontari.