Le banche centrali non si fidano di sé stesse e comprano oro

Le riserve di oro delle banche centrali continuano a crescere. I dati parlano chiaro: i governatori diffidano delle loro stamperie di denaro.
3 anni fa
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Prezzo dell'oro sempre nei dintorni dei massimi storici
Prezzo dell'oro sempre nei dintorni dei massimi storici © Licenza Creative Commons

Già superata quota 100 e non stiamo parlando di pensioni. Nei primi quattro mesi dell’anno, le banche centrali nel mondo hanno acquistato 103,4 tonnellate nette di oro. Nel solo mese di aprile, gli acquisti sono stati per 19,4 tonnellate. Si è distinto particolarmente l’Uzbekistan con 8,7 tonnellate, seguito dal Kazakistan con 5,3 tonnellate. Insieme, fanno quasi i tre quarti del dato mensile. Continua a puntare sulle riserve auree anche la Turchia con 5,6 tonnellate, portando gli acquisti dei primi quattro mesi a 42,6 tonnellate. Tra i venditori netti, invece, troviamo a sorpresa la Germania con -0,9 tonnellate.

Seguono Messico e Repubblica Ceca, entrambi a -0,1 tonnellate.

Corsa all’oro delle banche centrali

Lo scorso anno, gli istituti avevano aumentato le loro riserve auree di 463 tonnellate, un dato in crescita dell’8,2% sul 2020. Nell’anno della pandemia, si era registrata una forte decrescita, probabilmente legata al boom dei prezzi. Il 2018 e il 2019, invece, si erano caratterizzati per dati record nell’ultimo mezzo secolo con acquisti netti rispettivamente a 656,2 e 650,3 tonnellate. Il dato del 2018 è stato anche il secondo più alto nella storia.

Sta di fatto che le banche centrali risultano avere aumentato le riserve di oro di 5.692 tonnellate in 12 anni di acquisti netti consecutivi. Praticamente, dall’indomani della crisi finanziaria mondiale iniziarono a puntare sul metallo, contrariamente al trend dei decenni precedenti. E non è un caso che sia avvenuto proprio dopo il 2008-’09. Le loro stamperie di denaro dal nulla hanno creato le condizioni perfette per generare una gigantesca bolla finanziaria, caratterizzata da alti valori azionari e obbligazionari, spesso slegati dai fondamentali.

Dalla fine di Bretton Woods nel 1971, le economie occidentali sembrano avere smarrito il significato intrinseco di carta-moneta. Da strumento di pagamento ancorato all’oro si è trasformata sempre più in uno strumento di politica monetaria per raggiungere obiettivi impropri per le banche centrali. L’accumulo delle riserve auree, tuttavia, non sta riguardando tutte le banche centrali, bensì essenzialmente quelle asiatiche, tra cui spiccano Russia, Cina, India e Turchia.

Insieme, hanno inciso per oltre la metà degli acquisti netti mondiali.

Cresce la sfiducia verso il sistema finanziario

E proprio questo dato svela la principale ragione per la quale molti istituti starebbero accorrendo a comprare oro. Hanno perso la fiducia nel sistema finanziario internazionale “dollaro-centrico”. Poiché la Federal Reserve stampa biglietti verdi senza più grande attinenza con l’economia americana, al fine di tenere bassi i costi del crescente debito pubblico e privato, una parte sempre più grande del pianeta si chiede se il dollaro abbia realmente valore e, soprattutto, se lo avrà anche in futuro. In pratica, una parte delle banche centrali stampa moneta e un’altra reagisce aumentando le tonnellate di oro tra le riserve, così da non trovarsi impreparata dinnanzi a un possibile cambio di scenario nei prossimi decenni.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

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