Insultare via email è diffamazione: lo afferma una sentenza della Corte di Cassazione

Secondo una sentenza della Corte di Cassazione, dare del “cialtrone” e “fascista” via email costituiscono reato di diffamazione, ex art. 595 c.p..
9 anni fa
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Le offese: “cialtrone” e “fascista”, inviate a mezzo email al conduttore di una trasmissione radiofonica, tramite l’indirizzo della redazione, costituiscono reato di diffamazione, ex art. 595 c.p., lo ha stabilito la Corte di Cassazione, V sezione penale, con la sentenza n. 2333/2016.

L’offesa inviata per email:  “cialtrone” e “fascista”

L’ascoltatore aveva inviato una mail all’indirizzo della redazione radiofonica e al proprio fratello, contenente le frasi: “una redazione di cialtroni di destra e del suo conduttore” “ vero fascista” “del resto cosa ti puoi aspettare da una redazione di servi? Sono abituati a parlare a cazzo“.

 L’ascoltatore, aveva inviato un messaggio di posta elettronica alla redazione contenente un messaggio analogo e diffamatorio, in cui qualificava il conduttore come un nostalgico dei tempi mussoliniani e bisognoso di un capo.

Il Giudice di Pace assolve, la Corte di Cassazione condanna

Il Giudice di Pace aveva assolto per insussistenza del fatto, l’ ascoltatore dal reato di diffamazione contro il conduttore di una trasmissione radiofonica. Per il Giudice di Pace l’imputato, iscritto al club degli ascoltatori della trasmissione, aveva esercitato il diritto di critica in linea con lo strumento messo a disposizione dalla emittente radiofonica per raccogliere le opinioni dei propri radioascoltatori. La Cassazione non è stata d’accordo, la difesa ha dimostrato che la parte offesa è andata oltre il diritto di critica, con offese personali.  Anche il P.G. presso la Corte di Appello di Roma, è stata d’accordo, rilevando che l’esercizio del diritto di critica, reale o putativo, richiede sempre il ricorso ad espressioni formalmente rispettose del limite della continenza, cosa non è avvenuta nel caso in questione, in cui sono state formulate frasi di attacco personale. Il ricorso è d’accogliere anche per il Supremo Collegio, secondo cui l’uso dei termini contenuti nelle frasi rivolte al conduttore, e dirette in entrambi i casi alla direzione radiofonica, “appare oggettivamente lesiva della sfera personale e professionale del predetto, e sicuramente esorbitante dai limiti di libera manifestazione del pensiero“.

I giudici, precisano che “il libero esercizio del diritto di critica non possa essere confuso con una indiscriminata ed arbitraria aggressione verbale, soprattutto allorquando lo stesso concetto possa essere espresso senza far ricorso ad epiteti indiscutibilmente offensivi“. Inoltre, la circostanza che le frasi fossero state pronunciate nel contesto di un forum destinato agli ascoltatori di un programma radiofonico, non giustifica né discrimina l’uso di espressioni offensive. Al contrario, proprio la destinazione ad un forum, quindi ad un numero indeterminato di soggetti, rende più grave la portata lesiva delle affermazioni, visto il collegamento diretto tra l’attività professionale del conduttore ed il contesto in cui le espressioni medesime sono state pronunciate. Nonostante tutto ciò, la sentenza deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali perché il reato è estinto per decorso dei termini di prescrizione all’epoca dei fatti. Leggi anche: Uso improprio email aziendale: qual è la sanzione?

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