L’ipotesi che a finanziare il riarmo europeo saranno le emissioni di Eurobond si allontana. E i primi a saperlo sono i protagonisti di questa vicenda, a partire da Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron incontratisi martedì sera a Roma. Hanno discusso per quattro ore, al fine di rilanciare le relazioni italo-francesi. Il tema del debito comune sarà stato oggetto del faccia a faccia, anche se la premier non ci ha mai creduto granché e lo stesso presidente francese non sembra più così convinto.
Flop del Next Generation EU
Il flop del Next Generation EU pesa come un macigno. Sarebbe dovuto essere un test per valutare la possibilità di una svolta definitiva sul debito comune.
Ma ad oggi restano disponibili dalla Commissione ben 335 degli 806,9 miliardi di euro stanziati con il programma varato nel 2020. E manca un anno e mezzo alla cessazione, tant’è che Bruxelles ha appena comunicato ai governi che dovranno presentare solamente progetti realizzabili entro agosto 2026, aprendo alla semplificazione delle procedure per accelerare i tempi degli stanziamenti.
Come si fa a prospettare emissioni di Eurobond per finanziare la difesa degli stati comunitari, quando l’unico programma andato in tal senso finora è stato un mezzo fallimento? Meno del 60% delle risorse è stato distribuito agli stati nazionali in più del 70% del tempo di durata del Next Generation EU. La proroga appare improbabile, anche perché la sua natura provvisoria è risultata determinante per evitare la bocciatura della Corte Costituzionale tedesca. Il problema è noto: Bruxelles è macchinosa nella gestione delle risorse. Le erogazioni sono tutt’altro che immediate e semplici. Lo stesso accadrebbe nel caso in cui avvenissero per finanziare spese militari nazionali.
UE senza entrate proprie
Dunque, le emissioni di Eurobond in prospettiva diventano sempre meno probabili. E la ragione di fondo non sarebbe neppure questa. L’Unione Europea non è uno stato, non possiede autonomia impositiva, se non molto limitata. In sostanza, non possiede entrate proprie. Fintantoché contrae debito sul mercato per pochi miliardi all’anno, i mercati sono ben lieti di acquistarlo. Agendo per conto degli stati, l’UE gode del rating tripla A, per cui è massimamente sicura sotto il profilo creditizio. Oltre un certo punto, però, gli investitori si chiederebbero da dove prenderebbe i soldi per ripagare i prestiti ottenuti.
Già oggi l’interrogativo si pone, se considerate che 338 miliardi di sovvenzioni del Next Generation EU dovranno essere coperti dalle entrate. Se dovessimo gravare il bilancio comunitario di centinaia di miliardi di debiti all’anno, la montagna diverrebbe troppo alta per non essere notata. Dipendere esclusivamente dai bilanci nazionali non depone a favore delle emissioni di Eurobond. Anche perché questi stessi si stanno deteriorando. Persino la Germania ha abbandonato la sua proverbiale prudenza fiscale per abbracciare un piano di maxi-emissioni extra da 1.000 miliardi in 10 anni.
Emissioni di Eurobond scappatoia complicata
Prima o poi, le emissioni di Eurobond finirebbero per impattare negativamente i bond sovrani. Sin da subito, facendo loro concorrenza. E con gli anni, quando i governi dovrebbero coprire i pagamenti con emissioni proprie.
Salvo immaginare tagli alla spesa e/o aumenti delle entrate poco credibili. Il vero dramma è proprio questo. Vorremmo tendere a nuovi strumenti di debito, seguendo lo stesso meccanismo mentale che ha portato gli USA ad accumulare disavanzi su disavanzi per non scegliere tra priorità di politica fiscale. Il fatto che ad indebitarsi fosse Bruxelles, non allevierebbe il problema. Bruxelles siamo noi, che già di debiti ne abbiamo abbastanza.