La Naspi può essere considerata come la scialuppa di salvataggio di ogni persona che perde il lavoro. Perché si tratta dell’indennità di disoccupazione, cioè dell’ammortizzatore sociale principale che un disoccupato può sfruttare. Perdere il lavoro significa restare senza reddito fino a nuova occupazione. La Naspi produce quel tamponamento della falla reddituale che si apre nella vita di un soggetto, alla perdita del posto di lavoro.

In un caso però, chi resta senza lavoro non ha diritto alla Naspi.

Questo caso è quello delle dimissioni volontarie. Chi lascia il lavoro di proposito perde il diritto all’ammortizzatore sociale. A meno che non siano dimissioni per giusta causa. Ma quando le dimissioni possono essere date per giusta causa? Non sempre è facile capire la sottile linea che divide le due versioni di dimissioni.

Trasferimento di sede al lavoro e dimissioni, ecco come non perdere la Naspi

Questa è una cosa che va chiarita, perché spesso tra datore di lavoro e dipendente possono nascere delle situazioni che portano il secondo a dover rassegnare le dimissioni. Che tutti vorrebbero fossero utili per prendere comunque la Naspi.

“Gentile esperto, sono un dipendente di una azienda del settore commerciale. Non me lo hanno ancora detto ufficialmente, ma credo che sarò uno dei dipendenti che verranno spostati a una nuova sede aziendale. Queste sono le voci che si rincorrono. Il fatto che sono bravo in ciò che faccio sarà sicuramente la motivazione con cui il mio superiore mi dirà che mi vuole trasferire di sede. Ma si trova in un altro Comune che dista una sessantina di Km da casa mia. Non credo che accetterò un cambio di questo genere che mi porterà, anche se mi rimborsa il gasolio, a un peggioramento della mia condizione lavorativa. Se do le dimissioni posso utilizzare la formula della giusta causa in modo tale che per qualche tempo posso prendere la Naspi? Giusto il tempo di riorganizzarmi e trovare un nuovo lavoro.

“Salve, sono Matteo e ho un dubbio che vorrei che voi mi chiariste. Il mio datore di lavoro ha deciso di licenziarmi. O meglio, abbiamo deciso insieme, visto che il prosieguo del rapporto di lavoro non è una cosa che possiamo sopportare entrambi. Ma non mi vuole licenziare. Mi ha detto che devo dare le dimissioni. Ma io so che con le dimissioni non prendo la Naspi. Lui invece sostiene di sì, se sono per giusta causa. Che devo fare?”

Disoccupazione e dimissioni, ecco cosa bisogna capire e cosa dice l’INPS

Chi perde il posto di lavoro ha diritto all’indennità di disoccupazione, ma solo se la perdita è involontaria da parte del lavoratore. In pratica, chi viene licenziato, anche a seguito di licenziamento collettivo, oppure a seguito di procedure di licenziamento concordate tra le parti. Perfino la perdita del lavoro proveniente da scadenza di un contratto a termine può dare corso all’incasso della Naspi. Le dimissioni volontarie, però, non rientrano in questo scenario. A meno che non siano dimissioni per giusta causa.

Parliamo di dimissioni indotte da comportamenti del datore di lavoro o dei superiori, che spingono il dipendente a scegliere di andare via dal lavoro. In pratica, in ogni situazione che non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro. Una cosa non semplice da dimostrare e assoggettata a regole ben precise.

Il datore di lavoro contento quando il dipendente si dimette, ecco perché

Dare le dimissioni è un rischio per chi vuole percepire la Naspi. Bisogna sapere bene cosa fare perché, per esempio, le dimissioni per rifiuto del trasferimento non sempre possono essere rese per giusta causa. L’istituto delle dimissioni volontarie nei rapporti di lavoro è molto diffuso.

Soprattutto oggi che i datori di lavoro sono assoggettati al ticket licenziamento, che prevede un versamento commisurato agli anni di lavoro svolti dal dipendente da allontanare.

Un esborso che spesso i datori di lavoro non vogliono sostenere. Anche se non ortodossa dal punto di vista morale, sono sempre di più i casi di datori di lavoro che concordano con il dipendente per interrompere il rapporto di lavoro, suggerendo le dimissioni invece del licenziamento. Il tutto come logica vuole, per risparmiare sul ticket. Il caso del nostro secondo lettore è emblematico. I

n materia di dimissioni e Naspi l’INPS ha chiarito in quali casi è possibile prendere la Nuova assicurazione sociale per l’impiego. Partendo dal presupposto che lo stato di disoccupazione involontario è uno dei requisiti fondamentali, anche il trasferimento da una sede di lavoro a un’altra può essere uno dei motivi principali che spingono un lavoratore a dimettersi.

Come dare le dimissioni quando il dipendente è obbligato a cambiare sede di lavoro

In genere il trasferimento deve essere comunicato al lavoratore con largo anticipo da parte del datore di lavoro. E si deve usare la formula scritta con dentro le motivazioni da cui parte il trasferimento. Senza i giusti motivi, che siano organizzativi o produttivi, anche le dimissioni del lavoratore possono essere valide per la disoccupazione indennizzata INPS.

Ma anche se la comunicazione del datore di lavoro è in regola, con tutte le motivazioni del caso, le dimissioni per giusta causa possono essere prodotte dal diretto interessato.
In genere si comincia a parlare di giusta causa di dimissioni quando un trasferimento è a una distanza sopra i 50 Km dalla sede di residenza del lavoratore. Ogni caso però è a sé stante, perché bisogna anche vedere la distanza dalla prima sede di lavoro rispetto alla seconda. Oppure da tanti altri fattori che possono essere addotti dal datore di lavoro come giustificazione del trasferimento e chiedere al dipendente di dare lui le dimissioni.