Risale allo scorso 2 novembre l’adozione da parte del Consiglio dei Ministri, di uno schema di regolamento recante il Decreto del Presidente della Repubblica, con cui entrerà a regime la nuova imposta di soggiorno.

Dalla lettura del provvedimento adottato dal Cdm guidato dall’ex Presidente Silvio Berlusconi, vengono individuati i soggetti beneficiari della nuova imposta e i destinatari. Il tutto viene sì rinviato alle deliberazioni dei singoli Comuni interessati, ma nel rispetto e nell’osservanza delle disposizioni che saranno contenute nel Dpr, i cui elementi essenziali sono stati già tracciati dal provvedimento uscito dal Consiglio dei ministri dello scorso 2 novembre.

 

A COSA SERVE L’IMPOSTA DI SOGGIORNO?

La risposta è semplice. L’istituzione della tassa in questione nasce dall’esigenza di finanziare un settore come quello turistico, che presenta buchi e carenze di risorse. Nello schema di Dpr si legge che la nuova imposta, ha come destinazione, totale o parziale, il finanziamento di interventi nel settore del turismo, ricomprendendo in questa nozione, interventi di recupero e manutenzione di beni culturali (i recenti fatti di Pompei insegnano) e valorizzazione di beni culturali, paesaggistici e ambientali.

 

QUALI COMUNI POSSONO INTRODURRE LA TASSA DI SOGGIORNO PER I TURISTI?

Innanzitutto vengono individuati i comuni che possono prevedere questa nuova imposta. Non tutti i comuni ovviamente, ma solo quelli capoluogo di Provincia, i comuni appartenenti alle unioni di comuni e quelli inseriti negli apposti elenchi regionali e indicati come città d’arte o località turistiche.

Roma, Firenze, Napoli, ma anche Ischia, Valle del Samoggia e le Cinque terre, per fare qualche esempio concreto.

Ovviamente a pagare l’imposta saranno gli ospiti di strutture ricettive, intendendo per tali alberghi, appartamenti vacanza, campeggi, rifugi alpini, ecc. Tutte quelle strutture che si trovano nei comuni interessati. E’ il gestore delle stesse che nella denuncia annuale dei redditi, che ha l’obbligo di presentare, indica il numero degli ospiti registrati nel corso dell’anno.

I gestori delle strutture ricettive sono considerati inoltre come diretti responsabili in caso di omesso versamento dell’imposta in oggetto, potendo però dal canto loro rivalersi sugli stessi ospiti della propria struttura. Saranno poi i comuni a individuare mediante specifiche deliberazioni, le modalità di versamento e riscossione, nonché l’individuazione di specifiche fattispecie in cui operare eventuali riduzioni ed esenzioni. Nello schema di regolamento nulla si dice in merito a queste possibili esenzioni o riduzione, ma si individuano i parametri che devono essere presi in considerazione per effettuare queste riduzioni o esenzioni dal versamento dell’imposta di soggiorno e possono riguardare, in misura concreta, l’età dei soggetti alloggianti nelle strutture ricettive, il periodo dell’anno in cui è avvenuto il soggiorno, alta, media o bassa stagione, o la durata della stessa permanenza.

 

IMPOSTA DI SOGGIORNO ROMA: ECCO QUANTO SI PAGA

Per ciò che riguarda l’importo della tassa di soggiorno, saranno sempre i singoli comuni interessati a stabilire questo importo con specifiche deliberazioni. Nello schema di regolamento però si definisce come importo massimo, la somma di cinque euro a notte che sale però a 10 euro per il solo comune di Roma, indicata nel testo dello schema come Roma Capitale, e ciò sembrerebbe giustificare la possibilità di prevede il prezzo massimo dell’imposta di soggiorno in questione.

Una volta stabilita la misura dell’imposta in questione dai singoli comuni, la misura si intende rinnovata ogni anno, in misura fissa, a condizione ovviamente che non ci siano eventuali modifiche presentatisi in un secondo momento.