E’ passata quasi inosservata, ma la tassa di soggiorno aumenterà dal 2020 fino a 10 euro al giorno. Lo prevede una modifica approvata al decreto fiscale collegato alla manovra di bilancio che consente di raddoppiare il prelievo. Una vera e propria stangata inattesa per chi andrà in vacanza o visiterà città d’arte.

La misura è volta a incrementare le entrate dei comuni a maggiore affluenza turistica e in particolare quelli per i quali le presenze superano di 20 volte i residenti. Il provvedimento sarà quindi adottato da apposita delibera comunale in base alle esigenze di bilancio, pertanto non è detto che venga applicata e (eventualmente) in misura piena.

Come aumenta la tassa di soggiorno

La strada per fare cassa, quindi, sembra tracciata. I Comuni italiani, quasi tutti, hanno incassato nel 2018 ben 600 milioni di euro dalla tassa di soggiorno e si prevede un incremento sostanziale anche per il 2019. I comuni che ne hanno approfittato maggiormente sono stati quelli delle città d’arte con Roma in testa che applica la tariffa giornaliera più cara, fino a 5 euro, e che nel 2018 ha incassato ben 130 milioni di euro dai turisti. Ma, sebbene le grandi città difficilmente supereranno di 20 volte la popolazione residente con l’afflusso dei viaggiatori, per i piccoli comuni a vocazione turistica, come Cortina o Riccione, sarà più facile alzare la tassa di soggiorno visto l’elevato numero di vacanzieri durante l’anno.

Tassa di soggiorno, quanto si paga

Come recita la normativa, l’imposta è applicata dal Comune per persona e per pernottamento ed è graduata e commisurata con riferimento alla tipologia delle strutture ricettive come definite dalla normativa regionale, tenuto conto della classificazione delle strutture medesime. Pertanto questa è calcolata in misura variabile (da 1 a 5 euro al giorno) a seconda della località di interesse artistico e culturale in cui si soggiorna. L’imposta è calcolata a persona, in base al numero di pernottamenti e alla classe della struttura ricettiva  (numero di stelle).

I comuni italiani più virtuosi tendono ad applicarla in misura minima o a non applicarla del tutto per attirare maggiori turisti. Altri, invece, con i conti in rosso applicano il massimo consentito. A Roma, città più cara, ad esempio, per un pernottamento di una settimana in un hotel 3 stelle, l’imposta è pari a 28 euro. A Verona, invece, si paga 7 euro.

Chi non paga la tassa di soggiorno

La tassa di soggiorno non può però essere addebitata ad alcune categorie di viaggiatori. Questi sono:

  • i residenti nel comune
  • i bambini di età inferiore a 12 anni
  • gli studenti universitari fuori sede
  • i disabili e gli accompagnatori
  • i militari e le forze di polizia
  • autisti di autobus, treni e accompagnatori turistici
  • i malati in strutture sanitarie e i familiari accompagnatori
  • i residenti negli ostelli della gioventù

Tassa di soggiorno non solo in Italia

La tassa di soggiorno, benchè odiata dagli italiani al pari di altri balzelli a cui non erano abituati, è stata introdotta anche all’estero da molto più tempo. A Parigi l’imposta è in vigore da oltre 100 anni e si paga nell’ordine di pochi centesimi a notte, mentre a Vienna viene applicata in misura proporzionale alla spesa. Ad Amsterdam e a Berlino è, invece, il 5% del costo del pernottamento. Negli Stai Uniti, l’imposta è frazionata in tre parti: un contributo fisso, uno variabile e uno proporzionale al costo della stanza, mentre in Giappone la tassa di soggiorno si applica solo a partire da 10.000 yen a notte.