La recente sentenza di un tribunale toscano apre a nuovi scenari riguardo il divieto di cumulo dei redditi da lavoro con redditi da pensione per misure quali sono la quota 100, la quota 102 e la quota 103. La pronuncia degli ermellini del Tribunale di Lucca, non va nella direzione di rendere ammissibile lavorare e prendere la pensione con una di quelle misure. Il divieto di cumulo resta. Ciò che cambia è il quadro sanzionatorio che subiscono quanti sono colti a disattendere questo divieto.

Una sentenza che potrebbe servire a numerosi pensionati che non capendo bene la normativa, hanno continuato a lavorare. E quindi a dover restituire ratei di pensione e a vedersi sospendere la pensione.

Molti i casi di pensioni sospese e da restituire

Da tempo molti nostri lettori ci hanno messo in mostra casi e situazioni del genere, chiedendo il da farsi. Oggi molto potrebbe cambiare, come le nostre risposte precedenti che guardavano solo all’interpretazione della norma che dava l’INPS e confermata dalla circolare n° 117 del 2019 riferita alla quota 100.

“Buonasera, mi chiamo Ernesto e sono in un bel guaio. Mi hanno bloccato la mia pensione con quota 100, percepita da dicembre 2019. Ad agosto 2022 ho deciso di andare a dare una mano a mio genero nel suo Hotel a Rimini. Mi ha assunto per 40 giorni e mi ha dato uno stipendio di 1.800 euro. Per colpa di questa assunzione, l’INPS mi ha sospeso la pensione e mi sta chiedendo i soldi indietro da gennaio ad agosto, cioè tutte le pensioni che ho preso nel 2022. Ho fatto un disastro. Secondo voi come ne esco?”

L’INPS da sempre dura per chi insieme alla pensione con le quote, lavorava

Il quesito del nostro lettore è solo uno dei tanti mandati in redazione da quando hanno varato queste misure. Perché sono misure che prevedevano il divieto di cumulo con i redditi da lavoro.

Molti altri invece ci hanno chiesto se potevano tornare a lavorare dopo essere andati in pensione con una di queste quote. Le nostre risposte sono state sempre negative. Perché la normativa parla chiaro e anche l’INPS più volte, compreso nella circolare prima citata, ha confermato l’interpretazione normativa. Il pensionato colto in flagrante a lavorare, rischia la sospensione della prestazione. In più deve restituire i soldi all’INPS per le mensilità di pensione percepite nell’anno del ritorno al lavoro.

Quando è nato il divieto di cumulo dei redditi da pensione con quelli da lavoro

Con la quota 100 che consentiva l’uscita a partire dai 62 anni di età con 38 anni di contributi, il legislatore ha deciso di imporre il divieto di lavorare mentre si percepiva questa pensione. Un divieto valido per tutta la durata dell’anticipo, ovvero fino al raggiungimento dei 67 anni di età. L’unica eccezione da questo punto di vista era il lavoro autonomo occasionale, purché non si superava il reddito di 5.000 euro annui da questo lavoro.

il divieto di cumulo dei redditi da lavoro con i redditi da pensione

Un divieto messo nero su bianco dal decreto 4 del 2019, cioè dal famoso “decretone”, che oltre alla quota 100 varò il reddito di cittadinanza. Nell’intenzione del legislatore, il rendere la pensione anticipata con la quota 100, non un modo per sfruttare l’occasione di prendere un assegno aggiuntivo rispetto ad una attività lavorativa. In termini pratici, lo Stato permette il pensionamento anticipato, ma solo perché un lavoratore non ha più la forza di lavorare. Una prassi quella del divieto di cumulo, che è stata mantenuta anche per le misure che hanno preso il posto di quota 100, cioè le successive quota 102 e quota 103.

Nulla è cambiato dalla quota 100 alla quota 103 per il divieto di cumulo

Con le due nuove misure, la prima valida fino al 31 dicembre 2022 e la seconda fino al 31 dicembre del 2023, sono cambiati i requisiti.

Ma non è cambiato il divieto di cumulo che è rimasto perfettamente attivo. Tornando alla sentenza dei giudici del tribunale di Lucca (la n° 42 del 2022) di cui parla anche il quotidiano “Il Sole 24 Ore”, il divieto di cumulo non viene intaccato. Perché resta attivo e valido. E resta attiva e valida l’evidente penalizzazione che subiscono i pensionati che decidono, contrariamente a quanto prevede la legge, di tornare a lavorare nonostante il pensionamento anticipato. Ciò che cambia è la proporzionalità delle sanzioni addossate al trasgressore.

La sanzione deve essere proporzionata a ciò che il pensionato ha ricavato

Il principio di proporzionalità di una sanzione è quello che gli ermellini hanno usato per un ricorrente che alla fine ha vinto la sua battaglia legale contro l’INPS. E come vedremo, alla luce di questa pronuncia dei giudici, anche il nostro lettore avrebbe dovuto subire una sanzione inferiore a quella comminata dall’INPS. Nel caso di specie del ricorso al tribunale di Lucca, un pensionato contestava il fatto che gli era stata sospesa la pensione con tanto di restituzione dei ratei pregressi (alla stregua del nostro lettore quindi). Ma a fronte di due giornate di lavoro svolte con 148 euro di guadagno. A fronte di questi pochi euro ricavati da due giornate di lavoro, la punizione dell’INPS è stata reputata dai giudici, troppo severe.

Cosa hanno stabilito i giudici

La sospensione di una pensione intera, con obbligo di restituire i soldi indietro per tutti i mesi precedenti, non è equa. Questo in definitiva ciò che hanno messo nero su bianco gli ermellini. Che hanno confermato la trasgressione, con l’obbligo di restituire all’INPS solo il corrispettivo del reddito prodotto da quella attività lavorativa. In pratica, niente taglio totale della pensione. L’INPS deve trattenere con i ratei futuri di pensione, solo i soldi che il pensionato trasgressore ha percepito dal lavoro.

Ecco perché lavorare e prendere un trattamento con quota 100, 102 o 103, resta poco produttivo

Il nostro lettore avrebbe dovuto restituire solo i 1.800 euro di reddito incassato dal suo genero, tra agosto e settembre. Con trattenute sui ratei di pensione successivi. Meno dura la punizione quindi. Ma appare evidente che allo stesso tempo chi vuole tornare a lavorare nonostante sia in pensione con una delle 3 misure a quota prima citate, non ne trae alcun beneficio. Infatti secondo i giudici, il lavoratore deve restituire con trattenute sulla pensione, ogni singolo euro preso dal lavoro. In pratica, un lavoro che il pensionato si paga da solo, lavorando gratis e senza tornaconto.