Non è una cosa rara che un pensionato riceva  una comunicazione su soldi da restituire all’INPS. Somme indebitamente percepite dal pensionato per via di un errore nel conteggio degli importi. Questo in genere è alla base di queste richieste che spesso tolgono il sonno ai pensionati. Ma come bisogna reagire a una missiva del genere da parte dell’INPS? Il dubbio di quanti ricevono una lettera con il bollettino con cui pagare il “debito” è se si debba adempiere.

“Gentile redazione, ho appena ricevuto una lettera dall’INPS con cui mi chiedono la restituzione di 1.200 euro per somme indebitamente percepite sulla mia pensione.

C’è il bollettino da pagare con la spiegazione del debito. Pare che da gennaio 2022 a dicembre 2023 ho preso mese per mese delle somme che non mi spettavano. Secondo voi sono tenuto a pagare? E soprattutto, se le somme indebite e che ho preso sono arrivate mese per mese, come mai loro vogliono tutto e subito adesso? Non potevano prelevare poco alla volta ciò che mi è stato dato in più? Sempre che l’indebito sia effettivamente da restituire. A prescindere dal fatto che non ho chiesto io di mandarmi più soldi di quelli che mi spettano.”

Soldi da restituire all’INPS sulle pensioni, ecco quando si deve e quando no

Cosa fare quando si riceve dall’INPS una lettera per prestazioni indebite percepite, che chiede la restituzione? Le cause di situazioni simili sono numerose e possono originare sia dall’INPS sia, anche se in modo inconsapevole, dal pensionato.

La natura del problema dipende strettamente dalla sua origine: se l’errore è attribuibile all’INPS, potrebbe essere possibile non effettuare il pagamento. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, le richieste di restituzione dei soldi derivano da segnalazioni mancanti o incomplete fatte dal pensionato all’INPS, relative a fattori che influenzano il calcolo dell’importo erogato dall’istituto.

Il pensionato è tenuto a comunicare notizie che incidono sul calcolo della prestazione

Le cause possono includere redditi, situazioni legate a ricoveri degli invalidi o cambiamenti nelle condizioni familiari, che richiedono un ricalcolo della prestazione. Se l’origine del problema è una “dimenticanza” del pensionato, allora ciò che l’INPS richiede indietro dovrebbe effettivamente essere restituito.

L’INPS ha, infatti, il diritto di ricalcolare autonomamente e d’ufficio una prestazione pensionistica in corso. Questo può avvenire in qualsiasi momento, come stabilito dall’articolo n° 52 della Legge 88 del 1989. Il testo normativo non specifica le circostanze che danno avvio alla possibilità di correggere gli importi erogati a un cittadino; di conseguenza, la rettifica può derivare da qualsiasi tipo di errore.

C’è errore ed errore, ecco quando nulla deve essere restituito

Come accennato, se l’errore deriva dall’Istituto Previdenziale stesso, le somme richieste potrebbero essere considerate non dovute al rimborso. Al contrario, se l’errore appartiene al pensionato, indipendentemente dalla sua intenzionalità, l’INPS ha il diritto di richiederne la restituzione.

I pensionati tendono a commettere gli stessi errori, che per l’INPS rappresentano un comportamento negligente, giustificando così la richiesta di restituzione delle somme. Un esempio è la mancata presentazione della dichiarazione RED annuale, obbligatoria per i pensionati il cui trattamento è parzialmente o totalmente legato al reddito. Coloro che non sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi (modello 730 precompilato, ordinaria o semplificata) all’Agenzia delle Entrate devono comunque comunicare i propri redditi all’INPS tramite il modello RED.

La mancata comunicazione consente all’INPS di ricalcolare la prestazione, eventualmente eliminando la quota legata al reddito, sospendendo o revocando l’intero trattamento e, cosa più importante, richiedendo la restituzione delle somme percepite indebitamente dal pensionato per il periodo interessato dalla comunicazione obbligatoria sui redditi.

Le normative parlano chiaro, non sempre bisogna restituire i soldi della pensione presi indebitamente

Le somme non devono essere restituite all’INPS in caso di errore imputabile all’istituto, indipendentemente dalla sua natura.

Tuttavia, nulla impedisce all’INPS di richiederne comunque la restituzione. La possibilità di evitare il pagamento di somme percepite indebitamente deriva da diverse sentenze dei tribunali che hanno dichiarato l’illegittimità della richiesta da parte dell’INPS.

Pertanto, spetta all’interessato avviare un’azione legale contro l’istituto. È necessario che l’errore sia stato commesso dall’INPS senza ombra di dubbio e che il pagamento della prestazione sia originato da un provvedimento definitivo dell’INPS, che deve essere stato inoltre notificato al diretto interessato.

Chiedere il rateizzo delle somme indebitamente percepite è possibile

L’articolo 2033 del Codice Civile precisa che il soggetto che ha ricevuto un pagamento non dovuto è obbligato a restituire quanto ricevuto, inclusi gli interessi maturati dal giorno in cui il pagamento è avvenuto. Questo, però, vale solo in presenza di malafede da parte del diretto interessato; in caso contrario, gli interessi decorrono dal giorno della richiesta di restituzione.

Riguardo alle modalità di restituzione, l’INPS generalmente opta per il prelievo rateale sulle future pensioni, ma ciò avviene solo se l’importo della pensione lo permette. Infatti, di fronte a pensioni di entità minore e potenzialmente non soggette a pignoramento, il pagamento tramite bollettino in un’unica soluzione rimane una soluzione valida.

Tuttavia, il contribuente può chiedere assistenza all’INPS per la restituzione. Recandosi presso le sedi periferiche dell’Istituto, è possibile trovare un accordo per il pagamento a rate del debito, anche senza ricorrere a trattenute sulle future pensioni.