Andare in pensione nel 2023 avrà lo stesso meccanismo del 2022 e degli anni passati. Può sembrare una ovvietà questa ma invece non lo è visto che si continua a parlare con insistenza di riforma delle pensioni è di cambiamento delle misure pensionistiche previste. Tornando al “tutto resterà uguale” di cui parlavamo prima, dobbiamo sottolineare che parliamo del meccanismo delle pensioni che è assolutamente identico e che prevede nove volte su 10 il completamento di una determinata età è di un altrettanto determinata dote di contribuzione accumulata.

Unica eccezione sono le misure distaccate dai limiti di età come possono essere la pensione anticipata ordinaria o la quota 41 per i precoci. Senza raggiungere la giusta strada e la giusta contribuzione è difficile che in Italia si possa andare in pensione. Questo però se parliamo nello specifico di previdenza. Perché ci sono delle misure che di previdenziale hanno poco ma che possono tornare utili come fossero una autentica pensione. E si tratta di misure assistenziali che hanno nell’assegno sociale forse la principale dell’INPS.

“Volevo chiedervi una cosa riguardo mia sorella. Io sono un lavoratore dipendente che l’anno scorso è riuscito ad andare in pensione con la quota 102 a 64 anni di età. Mia sorella che è più grande di me di due anni, l’anno prossimo compirà 67 anni. Da giovane ha svolto diversi lavori, ma ho controllato il suo estratto conto dei contributi, ed ho notato che non arriva a 15 anni di versamenti. E sono tutti antecedenti il 1995. Ci stiamo chiedendo se può andare in pensione anche se non ha raggiunto i 20 anni di contributi versati. Parlare di contribuzione volontaria ci sembra un esagerazione perché da quanto ho capito cinque anni di contributi da versare sono tanti dal punto di vista della spesa che mia sorella dovrebbe sostenere. Ci sono alternative?”

Cos’è l’assegno sociale che una volta si chiamava pensione sociale

Assegno sociale

Il quesito del nostro lettore è emblematico e ci permette di prendere i fatidici “due piccioni con una fava”.
Infatti grazie al quesito, possiamo parlare di assegno sociale e di contributi silenti. La sorella del nostro lettore, potrebbe avere diritto a 67 anni di età all’assegno sociale. Si tratta di una misura assistenziale e forse, come già detto in premessa, si tratta della principale misura assistenziale che l’Inps prevede nel suo ordinamento. Per anni l’assegno sociale (che una volta si chiamava pensione sociale) è stato considerato una pensione per le casalinghe. Il motivo è che si tratta di un assegno che viene erogato a chi non ha contributi versati utili ad una propria pensione.
In pratica, in assenza di contributi, per l’assegno sociale basta raggiungere i 67 anni di età. Ma è altrettanto vero che bisogna rientrare in determinati parametri reddituali. L’interessato deve rispettare le soglie reddituali previste. Infatti essendo una misura assistenziale riguarda maggiormente contribuenti che hanno redditi bassi.

L’assegno sociale a prescindere dai contributi versati

Per poter rispondere al quesito del lettore, dovremmo avere maggiori informazioni riguardo la sorella, a partire da quelle reddituali che come abbiamo visto sono fondamentali per poter acquisire il diritto all’assegno sociale. Inoltre bisognerebbe capire se la sorella del lettore è sposata o single. Perché cambia molto lo stato coniugale dal momento che le soglie reddituali sono diverse a seconda che sia coniugata o meno. Resta il fatto che come età nel 2023 completando i 67 anni rientra nel perimetro di applicazione della ex pensione ed oggi assegno sociale. Per quanto concerne i contributi versati prima, quelli che secondo il lettore non arrivano a 15 anni, si tratta di una probabbile contribuzione silente.

Cosa sono i contributi silenti

Per contributi silenti si intende quella carriera contributiva e di versamenti che un lavoratore non utilizza per una pensione.
In pratica sono contributi inutilizzati per una qualsiasi misura pensionistica da parte di un lavoratore. In termini pratici, contributi perduti, che restano all’Inps senza che finiscano con l’essere trasformati, come invece è giusto che sia, in pensione. La sorella del lettore è un caso tipico, perché ha si versato contributi, ma in misura insufficiente per poter accedere ad una pensione. Nemmeno alla pensione di vecchiaia ordinaria. In questo caso ne  servirebbero 20 di anni di contributi e non 15. Ma casi di contribuzione silente sono anche quelli che riguardano i riscatti. Per esempio quando un lavoratore pur andando in pensione, lascia inutilizzata una parte di carriera perché andrebbe riscattata pagando un corrispettivo all’Inps. In questo caso il lavoratore accetta una pensione più bassa per sempre, per evitare di tirare fuori soldi subito per riscattare dei periodi, magari versati in casse previdenziali diverse. L’Inps tra l’altro non prevede il rimborso di contribuzione versata e non utilizzata. In termini pratici, l’Inps non restituisce soldi ai lavoratori che hanno versato contributi senza che mai questi vengano usati per una pensione.