Molti italiani, pensionati e lavoratori, decidono di trasferirsi all’estero. Alcuni ci portano anche la residenza, altri, invece, preferiscono mantenerla nel nostro Paese e pagare qui le imposte sui redditi che si guadagnano.

Regola generale prevede che bisogna pagare in Italia le imposte sui redditi prodotti e posseduti nel bel Paese. In Italia bisogna dichiarare anche i redditi prodotti all’estero.

Diverso, invece, il caso di chi trasferisce definitivamente la residenza fuori dal Paese e non ha più redditi qui ma ha solo redditi nel Paese in cui si è trasferito.

In tal caso, infatti, tasse e imposte da pagarsi saranno solo quelle del posto in cui ci si trova.

In alcuni casi, tuttavia, il legislatore italiano continua a considerare residenti in Italia anche coloro che hanno trasferito residenza all’estero.

Quando c’è residenza “fiscale” in Italia o all’estero?

Sulla base di quanto prevede oggi la legge, sono considerate “fiscalmente” residenti in Italia, le persone fisiche che rientrano in uno dei seguenti casi:

  • sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta;
  • non sono iscritte nelle anagrafi, ma hanno nello Stato italiano il domicilio per la maggior parte del periodo d’imposta (il domicilio, ricordiamo, è il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessi);
  • non sono iscritte nelle anagrafi ma hanno nello Stato italiano la residenza per la maggior parte del periodo d’imposta (la residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale).

Come verificare la condizione “la maggior parte del periodo d’imposta”

Ai fini della residenza “fiscale”, quindi, il legislatore pone l’accento su un’espressione fondamentale, ossia “la maggior parte del periodo d’imposta”.

Ma cosa si intende? Volendo quantificare in termini di “tempo”, quando è soddisfatta la condizione “per la maggior parte del periodo d’imposta”?

La condizione è rispettata quando il soggetto ha la residenza o il domicilio in Italia per oltre 183 giorni anche non continuativi o per oltre la metà del periodo intercorrente tra l’inizio dell’anno e il decesso o la nascita e la fine dell’anno.

Quindi, ad esempio, un soggetto che ha trasferito la residenza fiscale all’estero (o il domicilio), per esempio in Francia, il 1° ottobre 2022, sarà considerato, per il periodo d’imposta 2022 ancora fiscalmente italiano. Questo significa che dovrà presentare in Italia, la Dichiarazione redditi 2023 (anno d’imposta 2022) in cui dovrà dichiarare sia i redditi posseduti in Italia che quelli in Francia. Di conseguenza dovrà pagarci l’IRPEF e le addizionali comunale e regionale.

La residenza nei paradisi fiscali

Il legislatore, sempre ai fini fiscali, prevede poi una presunzione per coloro che trasferiscono residenza in paesi c.d. a fiscalità privilegiata. In pratica, la legge dice che:

sono sempre considerati residenti in Italia, salvo prova contraria, coloro che sono stati cancellati dalle anagrafi della popolazione residente in quanto emigrati in territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con DM 4/5/99.

Pertanto, se un soggetto nel 2022 ha trasferito la residenza alle Bahamas, questi è comunque considerato fiscalmente italiano. Tranne il caso in cui dimostra il perché ha dovuto trasferire la residenza in quel Paese. Ad esempio, perché si è sposato lì oppure ha figli lì e quindi deve stare vicino a loro.