Il regime forfettario per chi ha partita IVA, come noto, è stato leggermente modificato nei requisiti previsti per operarvi. Tali modifiche sono state apportare dalla legge di bilancio 2023.

In sostanza dal 2023 si può essere forfait se il volume di ricavi/compensi non superi 85.000 euro (in luogo dei 65.000 euro precedenti). Inoltre, a differenza del passato, si stabilisce che si esce immediatamente dal regime (quindi in corso di anno e non dal periodo d’imposta successivo) se si superano 100.000 euro. Resta fermo che si esce dal periodo d’imposta successivo laddove si dovesse superare la soglia di 85.000 euro ma NON 100.000 euro.

Non cambiano le cause di esclusione (comma 57 legge bilancio 2015 e successive modificazioni). Si tratta di cause di incompatibilità. A tal proposito un lettore ci chiede se esiste incompatibilità tra regime forfettario e la carica di assessore al comune. In pratica ci fa presente quanto segue:

Sono un assessore (da tre anni) al comune. Adesso vorrei aprire partita IVA come avvocato e avrei interesse a sapere se c’è qualche incompatibilità con tale regime fiscale.

Le cause di esclusione in vigore

Le cause di esclusione dal regime forfettario (comma 57 legge bilancio 2015) possono essere diverse. In dettaglio, il legislatore dice che non possono essere nel regime forfettario coloro che ricadono tra i seguenti casi:

  • persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
  • non residenti in Italia, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente realizzato;
  • soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
  • esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari. Ovvero soggetti che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte individualmente;
  • persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta. Ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, fatta eccezione per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
  • coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro. Fa eccezione il caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato (sempre che in quello stesso anno non sia stato percepito un reddito di pensione o un reddito di lavoro dipendente derivante da un altro rapporto di lavoro).

Il regime forfettario per il politico

Dunque, tra chi non può avere partita IVA la legge non prevede espressamente la figura dell’assessore (e del polito in genere).

Pertanto nessuna incompatibilità.

Attenzione, tuttavia, al reddito che deriva dalla carica di assessore. Infatti, l’indennità percepita da chi ricopre questa carica si configura come reddito assimilato a quello di lavoro dipendente (art. 50 TUIR).

Questo significa che il lettore, nel rispetto tutti gli altri requisiti e cause di esclusione, può avere partita IVA in regime forfettario. Laddove però l’indennità da assessorato percepita nel 2023 risulti superiore a 30.000 euro scatta la causa di esclusione.