Il reddito minimo da cittadinanza, detto anche reddito base, è una proposta che spesso torna alla ribalta, salvo poi finire nuovamente nel dimenticatoio in maniera ciclica. E’ uno dei caposaldi del pensiero di sinistra ma talvolta l’idea viene accarezzata anche da esponenti di destra (basti pensare che il reddito da cittadinanza veniva caldeggiato anche dal famoso economista statunitense Premio Nobel Milton Friedman). Una proposta quindi apolitica, né di destra né di sinistra se vogliamo ma troppo spesso mero strumento demagogico.

 

Il caso del Molise

La recente adozione del regolamento attuativo del “Reddito minimo di cittadinanza” nel corso della discussione della Finanziaria 2012 da parte della giunta regionale del Molise con la previsione di un contributo mensile per un massimo di un anno a favore delle famiglie in difficoltà economica, ha riaperto la discussione circa l’opportunità di introdurre in Italia il reddito minimo da cittadinanza. La proposta è stata avanzata dalla sinistra ma è stata accolta favorevolmente dalla maggioranza di centrodestra.

Le erogazioni di sostegno mensili saranno corrisposte in base ad indici di priorità. Precedenza assoluta è riconosciuta ai nuclei familiari in cui risultano un minimo di quattro figli a carico. Seguono i nuclei monogenitoriali e le famiglie che hanno a carico disabili o anziani. Oltre a contributi generali sono previsti anche aiuti specifici per favorire l’inserimento scolastico e sociale.

La domanda va presentata al Comune di appartenenza. La graduatoria sarà invece valutata dagli Ambiti territoriali di appartenenza dei Comuni stessi.

 

Reddito di cittadinanza: pro e contro

L’idea alla base del reddito di cittadinanza è che tutti debbano essere in grado, a prescindere dall’occupazione e dal ceto sociale, di condurre un’esistenza dignitosa e fare fronte ai bisogni primari. Questo permette in anzitutto di evitare condizioni di povertà estrema e in secondo luogo offre alle classi medie la possibilità di scelta nella gestione del proprio tempo che può essere speso per incrementare il proprio reddito ma anche per coltivare passioni o dedicarsi al volontariato.

Ma un’analisi più approfondita su questo sistema apre anche considerazioni di segno opposto. La massima di Bastiat “lo stato è quella grande illusione attraverso la quale tutti pensano di vivere alle spalle di tutti gli altri” ci spinge a porci una domanda: da dove vengono i soldi che lo Stato darebbe a tutti i cittadini? Se tutto fosse così semplice non esisterebbe debito pubblico. Tutto sembra molto facile a livello astratto e utopistico ma quando ci si scontra con la realtà e la crisi economica il meccanismo rischia di diventare un cane che si morde la coda. Le uniche soluzioni praticamente ipotizzabili, come del resto si evince da questo periodo storico, sono la tassazione e la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato (ma entrambe le vie solleverebbero prevedibili polemiche). Più difficile pronosticare interventi per il recupero dei fondi che includono considerazioni politiche di parte, come il ritiro dalle missioni di guerra. Occorrerebbe oltretutto un paniere di controllo sui prezzi dei beni secondari per evitare che questi lievitino dietro la spinta del benessere diffuso. In questo modo però si incrementa il mercato nero. Ma c’è anche una considerazione più filosofica che economica da fare, ovvero il rischio derivante dall’accentuazione del rapporto di dipendenza cittadino-Stato.

 

Reddito da cittadinanza: gli esempi europei

Molto spesso i sostenitori del reddito di cittadinanza lamentano con sgomento il fatto che Italia e Grecia siano gli unici due Paesi europei in cui la legge non prevede una forma di reddito minimo di cittadinanza. Ma è proprio così? Facciamo un confronto.

In Svizzera l’idea di un reddito di base è molto caldeggiata e il prossimo 21 aprile partirà una raccolta di firme finalizzata a questo scopo. A questa iniziativa della sinistra ha aderito anche il Partito Pirata Svizzero riconoscendo le potenzialità liberali della proposta.

In Germania i disoccupati e coloro che percepiscono redditi minimi e di età compresa tra i 16 e i 65 anni hanno diritto all’Arbeitslosengeld II, ovvero una quota fissa di euro 345 al mese, più il rimborso per le spese di affitto e riscaldamento e un contributo extra per eventuali figli a carico.

In Inghilterra invece il contributo per i maggiorenni disoccupati che hanno risparmi inferiori a 12.775 euro si chiama Income-based Jobseeker’s Allowance. L’importo è simile a quello tedesco e viene concesso a tempo illimitato.

In Francia la Revenu Minimum d’Insertion (RMI) viene concessa ai maggiori di 25 anni e può avere un importo variabile a seconda della condizione economica e familiare del beneficiario.

In Italia la situazione attuale è questa. Il decreto legge 112 del 31 marzo 1998 ha delegato a enti locali, in particolare Regioni e Comuni, la competenza di attribuire il reddito minimo da cittadinanza. Nella maggior parte dei casi questo comunque non ha avuto sviluppi (non solo per negligenza dei Comuni ma anche per i tagli ai fondi da parte dello Stato) ma esistono delle eccezioni, ad esempio la Toscana (abbiamo parlato sopra del Molise). Quello che di più vicino al reddito di cittadinanza è concesso nel nostro Paese è il c.d. sussidio di disoccupazione che però, a ben vedere, è molto diverso sia concettualmente che per quanto concerne i requisiti.

Neppure in Spagna, spesso usata come termine di paragone confortante quando si parla di crisi, la situazione è la stessa che in Italia: la riforma Zapatero ha fissato a 600 Euro al mese per 14 mensilità il salario minimo per qualsiasi dipendente a prescindere dal settore di impiego.

Volutamente non è stato fatto il confronto con Paesi come Norvegia o Lussemburgo, chiaramente meno popolati e con maggiori risorse economiche da investire in interventi di stato sociale.

Indennità di cittadinanza: cosa prevede la normativa europea

Chiudiamo con il testo della raccomandazione 92/441 CEE:

“Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto ad una protezione sociale adeguata e deve beneficiare, a prescindere dal regime e dalla dimensione dell’impresa in cui lavora, di prestazioni di sicurezza sociale ad un livello sufficiente.
Le persone escluse dal mercato del lavoro, o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvisi, e che sono prive di mezzi di sostentamento devono poter beneficiare di prestazioni e di risorse sufficienti adeguate alla loro situazione personale.”