Il beneficiario del reddito di cittadinanza dovrà accettare di rendersi disponibile per offerte di lavoro consone al suo percorso. Detto così sembra tutto facile. Ma le cose in pratica non lo sono affatto, almeno allo stato dei fatti. Un viaggio nei centri per l’impiego, soprattutto al sud Italia, ci mostra una situazione tutt’altro che rosea. Questi uffici faticano ad essere efficienti o anche solo abbastanza utili.

Annalisa Fiore, dirigente del settore lavoro della Regione Puglia ha ammesso che «questi centri, soprattutto al Sud, non hanno mai costruito un rapporto strutturato con le imprese, che agiscono tramite canali propri, spesso privati».

La situazione è particolarmente critica in Calabria: la carenza di personale e attrezzature pesa già sui centri per l’impiego che temono il collasso nel momento in cui dovranno iniziare a farsi carico anche di gestire i beneficiari del reddito di cittadinanza.
Qualche esempio positivo esiste: in Toscana ad esempio la collaborazione tra figure professionali e imprese sta dando buoni frutti e nell’ultimo anno il numero delle imprese registrate è aumentato del 40%.

Serve tempo (e soldi) ma considerando che il reddito di cittadinanza deve debuttare nel 2019 di tempo non ce né molto e, come visto più volte, anche la copertura economica può essere un problema.

Cosa succederà se il lavoratore che ha diritto al reddito di cittadinanza non sarà messo nelle condizioni di ricevere offerte di lavoro consone al suo profilo professionale? I Centri dell’Impiego già oggi con altri sussidi adottano la prassi di “accontentarsi” del fatto che il lavoratore si rechi periodicamente nel Centro per chiedere se ci sono offerte per dimostrare la sua volontà di trovare lavoro.