Perché Quota 103 non decolla? Decidere di andare in pensione sfruttando una determinata misura rappresenta una scelta definitiva. In parole povere, ciò che è fatto è fatto. Una volta optato per la pensione con una specifica misura, non si può più tornare indietro.

Questa è una situazione in cui si trovano molti lavoratori che, in passato, hanno sfruttato misure di pensionamento vantaggiose per l’età di uscita, ma non dal punto di vista degli importi. Numerosi lettori ci chiedono come risolvere questa situazione, poiché si trovano a percepire una pensione più bassa rispetto ad altre misure oggi disponibili, misure che forse in passato non esistevano.

Il rimpianto di aver scelto la misura sbagliata riguarda chi ha sfruttato l’opzione donna, ma presto potrebbe essere il turno di chi opterà per la quota 103.

“Buonasera, sono Daniela una lavoratrice che nel 2021 è andata in pensione con 61 anni di età grazie all’opzione donna. Ho preso una pensione in anticipo anche se penalizzante, perché le condizioni di salute di mia madre si erano notevolmente aggravate. Ho scelto di prendere una pensione, anche se più bassa di quella che mi spettava, per dedicarmi a mia madre. La mia carriera si è interrotta esattamente a 35 anni di contributi versati. Oggi potrei avere diritto, avendo superato i 63 anni e 5 mesi di età e i 30 anni di contributi versati, a prendere l’Ape sociale come caregiver. Sicuramente una prestazione migliore rispetto a quella che prendo. Vi chiedo se è possibile cambiare prestazione passando da opzione donna all’Ape sociale.”

Opzione donna, tanti pro per la misura, ma anche tanti contro

Il quesito della nostra lettrice ci permette di discutere alcune misure previdenziali che, da un lato, offrono vantaggi in termini di età di uscita, ma dall’altro presentano un netto svantaggio per quanto riguarda il calcolo degli importi della prestazione percepita.

Sfortunatamente, le regole pensionistiche dell’INPS non consentono modifiche una volta che si è optato per una determinata misura pensionistica; non è quindi possibile tornare indietro e sceglierne un’altra.

È fondamentale riconoscere che, soprattutto in passato, con l’opzione donna l’età di uscita era nettamente inferiore rispetto a quella prevista per la pensione di vecchiaia ordinaria, tanto che alcune lavoratrici sono riuscite ad andare in pensione già a 59 anni.

Tuttavia, questa misura prevede un calcolo contributivo della prestazione, risultando così fortemente penalizzante in termini di importi. Pertanto, rispondendo immediatamente alla nostra lettrice, dobbiamo informarla che non è possibile intervenire su una decisione ormai definitiva. La pensione che percepisce oggi con l’opzione donna sarà la sua prestazione definitiva, una misura contributiva, come lo è attualmente anche la Quota 103.

Occhio a quale pensione si prende, sbagliare è facile

Ciò che è accaduto alla nostra lettrice riflette un’esperienza comune a molti: scegliere una pensione che, a posteriori, non si rivela la migliore opzione disponibile. Inizialmente, la misura può sembrare vantaggiosa, ma col tempo può generare rimpianti.

La nostra lettrice riceve la pensione da tre anni, il che dimostra un vantaggio evidente: senza l’opzione donna, sarebbe ancora al lavoro. È vero che ha accettato una pensione più bassa, ma ha ottenuto il beneficio di un ritiro anticipato. L’opzione donna, calcolata con il sistema contributivo, si equipara alla Quota 103; in entrambi i casi, chi opta per questa via subisce una riduzione permanente dell’assegno.

Quindi, è fondamentale valutare attentamente la scelta pensionistica: sbagliare è facile e, talvolta, è preferibile considerare alternative all’uscita tramite Quota 103. Vediamo quali opzioni hanno a disposizione alcuni lavoratori.

Quota 103 no grazie, ecco la misura che la sostituisce in meglio

Dal momento che la Quota 103 richiede un’età minima di 62 anni e una carriera contributiva di almeno 41 anni, per molti potrebbe essere vantaggioso restare al lavoro per altri due anni, circa 22 mesi.

In questo modo, con la pensione anticipata ordinaria, si eviterebbe il calcolo contributivo della prestazione.

Inoltre, con 41 anni di contributi, alcuni lavoratori hanno la possibilità di accedere alla misura per i precoci, includendo chi svolge lavori gravosi, gli invalidi, i disoccupati o i caregiver, che possono optare per la Quota 41 per i precoci, beneficiando così di una pensione senza il calcolo contributivo.

Questa opzione richiede almeno un anno di contributi versati prima dei 19 anni di età, anche se discontinui. Oltre a specifici requisiti per le varie categorie. Ad esempio, ai disoccupati è richiesto di aver terminato di percepire la Naspi da almeno tre mesi. Agli invalidi, è necessario avere almeno il 74% di disabilità certificata. Per i caregiver, è indispensabile aver iniziato da almeno sei mesi sia la convivenza che l’assistenza con un parente disabile grave.

Per chi svolge lavori gravosi, si richiede che tali attività siano state espletate per almeno 7 degli ultimi 10 anni. O per almeno 6 degli ultimi 7 anni. I requisiti sono quindi stringenti e richiedono un’attenta verifica. Ad esempio, alcune persone potrebbero non sapere di essere potenzialmente caregiver; per loro, scegliere la Quota 103 sarebbe controproducente. In questi casi, è preferibile optare per la Quota 41, che permette di evitare il taglio dell’assegno.