L’assegno unico si perde laddove vengono meno i requisiti che ne hanno dato diritto a percepirlo. Questo in sintesi è ciò che devono sapere i futuri percettori della nuova prestazione INPS, che a decorrere dal marzo 2022 sostituirà da detrazione per figli a carico fino al 21° anno di età (e senza limiti di età per figli disabili) e l’assegno nucleo familiare per figli a carico.

Decadenza assegno unico: i requisiti per i figli

L’assegno unico, spetta a tutti i nuclei familiari indipendentemente dalla situazione lavorativa in cui si versa.

In dettaglio, il beneficio (il cui importo varia in funzione dell’ISEE del nucleo familiare) compente:

  • per ogni figlio minorenne a carico e, per i nuovi nati, decorre dal settimo mese di gravidanza
  • per ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento dei 21 anni in capo al quale è soddisfatta una o più delle seguenti condizioni:
    • frequenta un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea
    • svolge un tirocinio ovvero un’attività lavorativa e possieda un reddito complessivo inferiore a 8.000 euro annui
    •  sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego
    • svolge il servizio civile universale
  • per ogni figlio con disabilità a carico, senza limiti di età.

Dunque, si verifica decadenza assegno unico, quando viene meno il requisito anagrafico dei figli oppure laddove non sia rispettata più la condizione per considerare il figlio a proprio carico. Ai fini dell’assegno unico per figlio a carico si intende quello facente parte del nucleo familiare ai fini ISEE.

Si perde l’assegno anche quando viene meno la condizione richiesta con riferimento ai figli maggiorenni.

Le altre condizioni da rispettare

La decadenza assegno unico può verificarsi, altresì nel caso in cui vengono meno i requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno.

A questo proposito, infatti, affinché si abbia diritto alla prestazione, ricordiamo che è richiesto il rispetto congiunto delle seguenti condizioni:

  • essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente. Laddove si tratti di cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea occorre che sia
    • in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo
    • oppure titolare di permesso unico di lavoro autorizzato a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi
    • oppure titolare di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzato a soggiornare in Italia per un periodo superiore a 6 mesi
  • soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia
  • residente e domiciliato in Italia
  • residente in Italia da almeno 2 anni, anche non continuativi, ovvero titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno semestrale.

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