Buonasera, le scrivo in quanto vorrei capire quando potrà andare in pensione mio padre. Classe 1959, quindi a Novembre 2019 compirà 60 anni. Qualche anno fa si è fatto fare i conteggi dall’ Inps, e a loro risulta avere 38 anni e mezzo di contributi. Ha sempre lavorato come dipendente, mentre dal 2008 al 2013 ha avuto un’ attività artigiana. Dal 2014 al 2016 ha fatto lavori sporadici tramite agenzia, dal 2016 ad oggi è dipendente presso un autoscuola come istruttore part time 20 ore.

Quando potrà richiedere la pensione? Se anticipata, quanto è la “percentuale” da lasciare giù? 
Le opportunità di pensionamento, al momento, per suo padre sono 3:
  • pensione di vecchiaia
  • quota 100
  • pensione anticipata

Perla pensione di vecchiaia dovrà attendere il compimento dei 67 anni, cui aggiungere eventuali aumenti legati all’aspettativa di vita Istat.

Pensione quota 100

Per la pensione quota 100 suo padre è già in possesso dei requisiti di accesso retributivi ma non di quelli anagrafici poiché occorrono almeno 62 anni di età per poter accedere alla misura. I 62 anni saranno compiuti a novembre 2021. Per accedere alla pensione con la quota 100 è necessario, poi, attendere, per la decorrenza della pensione, 3 mesi per i lavoratori del settore privato dal raggiungimento dei requisiti, quindi suo padre percepirebbe il suo primo rateo pensionistico il 1 marzo 2022.

Pensione anticipata

Per la pensione anticipata sono necessari, per gli uomini 42 anni e 10 mesi di contributi (requisiti bloccato fino al 31 dicembre 2026) e a suo padre, quindi mancherebbero 4 anni e 4 mesi di contributi. Anche in questo caso, al raggiungimento dei contributi dovrebbe attendere 3 mesi per la decorrenza della pensione.

Penalizzazioni

Sia per la pensione anticipata che per la quota 100 non sono previste penalizzazioni, però, rispetto alla pensione di vecchiaia sarebbero versati meno contributi (con la pensione anticipata circa 2 anni e mezzo in meno, con la quota 100 5 anni in meno) e questi andrebbero ad incidere, ovviamente sul calcolo dell’assegno pensionistico, non come una penalizzazione ma come un montante contributi minore.

Da una parte, quindi, bisogna considerare gli anni in più che si percepisce la pensione (seppur di importo minore), che non si versano contributi all’Inps e che non si lavora, dall’altro si deve considerare, appunto, che lavorando quegli anni in più si incrementa l’importo della pensione aumentando il montante contributivo tenendo presente che qualunque delle 3 forme pensionistiche venga scelta non presenta penalizzazioni sul calcolo dell’assegno che viene, appunto, calcolato sui contributi effettivamente versati. E’ un calcolo che deve farsi ogni singolo lavoratore in base alle proprie esigenze.

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