Il decreto Cura Italia, quelli precedenti, ed anche l’ultimo decreto liquidità (varato dal Consiglio dei Ministri il 6 aprile) hanno dimenticato la sospensione dei prestiti personali dei contribuenti così come, invece, previsto, per i mutui relativi all’acquisto della prima casa. Con riferimento ai mutui, infatti, al fine di tutelare le famiglie dall’emergenza sanitaria ed economica da Covid-19, sono state adottate diverse misure, intervenendo sull’art. 2 della Legge n. 244 del 2007 commi 475 e seguenti con cui è stato previsto il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed ammettendo la possibilità per i titolari del mutuo di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà, ossia: a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa; b) cessazione dei rapporti di lavoro parasubordinato o di rappresentanza commerciale o di agenzia, sempre salva la risoluzione consensuale, il recesso datoriale per giusta causa, il recesso del lavoratore non per giusta causa; c) morte o riconoscimento di grave handicap ovvero di invalidità civile non inferiore all’80%.

Il decreto-legge n. 9 del 2020 poi, a fronte dell’emergenza legata all’epidemia Coronavirus, è intervenuto con l’art. 26 aggiungendo alle predette ipotesi anche quelle della sospensione dal lavoro o riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno trenta giorni.

Alcuni istituti di credito ammettono la sospensione

Poiché la misura contenuta nel menzionato decreto-legge n. 9 del 2020 non conteneva riferimenti, con l’art. 54 del decreto Cura Italia (Decreto-legge n. 18 del 2020) si è esteso (a decorrere dal 17 marzo 2020), per nove mesi, l’operatività del Fondo di solidarietà, anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti che autocertifichino ai sensi degli articoli 46 e 47 del DPR n.

445/2000, di aver registrato, in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020 ovvero nel minor lasso di tempo intercorrente tra la data della domanda e la predetta data, un calo del proprio fatturato superiore al 33% del fatturato dell’ultimo trimestre 2019, in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività operata in attuazione delle disposizioni adottate dall’autorità competente per l’emergenza Coronavirus. Da ultimo, il decreto liquidità varato dal governo il 6 aprile 2020, con una disposizione ad hoc, ha chiarito che la locuzione “lavoratori autonomi” deve intendersi inclusiva anche di ditte individuali ed artigiani.

Come anticipato in premessa, tuttavia, in questo periodo di grandi difficoltà economica per le famiglie italiane, il legislatore non ha previsto alcuna misura di sospensione per le rate riferite ai prestiti personali (rate relative all’acquisto dell’auto di famiglia, rate riferite ad un prestito per la ristrutturazione della casa, ecc.). A fronte di tale lacuna, il titolare del prestito non può far altro, dunque, che far leva sull’istituto di credito (Banca, Poste, ecc.) che ha erogato il finanziamento al fine di ottenere una sospensione delle rate (casomai anche senza aggravio di interessi ed oneri aggiuntivi). Ad ogni modo diversi sono gli istituti di credito che autonomamente hanno ammesso tale possibilità invitato i clienti a presentare presso la propria filiale (non recandosi fisicamente in sede ma tramite e-mail) una richiesta di sospensione. Attenzione, tuttavia, a valutare attentamente le condizioni di sospensione al fine di non ritrovarsi amare sorprese alla ripresa dei pagamenti.