Che tra Assegno di Inclusione e Reddito di Cittadinanza ci siano differenze, ormai è cosa conclamata. La misura precedente era più generalista rispetto alla nuova. La platea dei beneficiari si è drasticamente ridotta, e anche gli importi sono cambiati, dato che la nuova misura non considera più, all’interno di un nucleo familiare, i soggetti occupabili.

Oltre a queste differenze, ne emergono altre che compromettono la possibilità di accedere al sussidio. Durante un Question Time a Montecitorio, sono stati presentati dati che evidenziano queste differenze.

“Buongiorno, sono un contribuente a cui è stata respinta la domanda di Assegno di Inclusione. Non comprendo il motivo, visto che fino a dicembre ricevevo il Reddito di Cittadinanza. Ho presentato il nuovo ISEE, e la mia situazione reddituale e patrimoniale è rimasta invariata. Mi è stato detto che il rifiuto potrebbe derivare da varie cause, tra cui eventuali condanne a mio carico (ho una denuncia per diffamazione legata a questioni di vicinato, datata cinque anni fa, ma non credo sia sfociata in condanna), dalla non corrispondenza del nucleo familiare, e così via. Come posso fare per ri-accedere al sussidio?”

Perché una domanda su due di Assegno di Inclusione è respinta e le differenze con il Reddito di Cittadinanza

Questa è una questione seria, poiché, come il nostro lettore, molti cittadini non hanno ottenuto l’Assegno di Inclusione pur avendo precedentemente ricevuto il Reddito di Cittadinanza. Le informazioni fornite sono però piuttosto vaghe. Possiamo solo spiegare perché oltre la metà delle domande di Assegno di Inclusione risultano respinte.

I numeri mostrano che, rispetto al Reddito di Cittadinanza, il nuovo sussidio è più difficile da ottenere. Con il Reddito di Cittadinanza, lo Stato arrivava a spendere mensilmente anche 6 milioni di euro. La vecchia misura era concessa quasi a tutti i richiedenti che rientravano nei parametri ISEE prestabiliti.

L’Assegno di Inclusione, invece, è concesso solo dopo controlli molto approfonditi, non limitati all’ISEE.

Difatti, oggi, a tre mesi dall’introduzione dell’Assegno di Inclusione, lo Stato spende al massimo 3,6 milioni di euro mensili. Su 1,2 milioni di domande, l’Inps ne ha approvate solo 590.000. Circa 590.000 beneficiari dell’Assegno di inclusione ricevono oggi in media circa 600 euro al mese.

I numeri forniti dal Sottosegretario Durigon

Claudio Durigon, sottosegretario leghista, durante un Question Time alla Camera dei Deputati, ha illustrato i numeri, sottolineando che oggi i controlli per chi richiede l’Assegno di Inclusione iniziano in anticipo. Si tratta di controlli preventivi che riguardano la corretta composizione del nucleo familiare, come risulta dall’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), e non solo.

Prima di concedere il sussidio, si esaminano l’anagrafe dei conti correnti, i redditi dei richiedenti e del loro nucleo familiare, le auto immatricolate di recente e persino eventuali precedenti penali.

Ogni fattore che potrebbe compromettere l’assegnazione del sussidio, come previsto dai requisiti della misura, si analizza scrupolosamente.

L’Assegno di Inclusione: tra controlli e importi, una differenza netta rispetto al Reddito di Cittadinanza

Se una domanda su due è respinta, è chiaro che si sta criticando il vecchio Reddito di Cittadinanza, che evidentemente aveva controlli più blandi e spesso inadeguati. Ci sono stati soggetti che, fino a dicembre del 2023, hanno ricevuto il Reddito di Cittadinanza senza averne diritto, e ciò per molti mesi.

Statisticamente, sono pochi quelli alla fine identificati come non meritevoli del sussidio. Ciò ha rappresentato un enorme danno per le casse dello Stato, situazione che, con l’Assegno di Inclusione, non si ripete.

La riduzione dei soggetti che ricevono il sostegno è evidente, come dimostrano i numeri relativi alla spesa pubblica. Questo risultato è dovuto principalmente ai rigorosi controlli effettuati, ma anche al fatto che l’Assegno di Inclusione non può essere richiesto e assegnato a famiglie composte interamente da individui tra i 18 e i 59 anni senza problemi di natura fisica o con carichi di cura.

Questi soggetti, anche se appartenenti a un nucleo familiare con membri fragili (minorenni, over 60, invalidi o presi in carico dai servizi socio-sanitari), non rientrano nella scala di equivalenza che determina gli importi dei sussidi erogati.