Capita sovente che un pensionato goda di un trattamento pensionistico di importo inferiore a quello che effettivamente doveva prendere. E magari questa situazione dura da anni, perché nemmeno il diretto interessato si era reso conto di questa autentica “anomalia”. Ma non c’è niente di illecito fatto dall’INPS e non ci sono nemmeno errori dell’Istituto. Sono le regole del sistema che espongono a situazioni di questo genere. Per questo proprio l’INPS ha uno strumento che si può usare per consentire ad un pensionato di rimettere a posto il tutto, finendo con l’ottenere la giusta pensione spettante.

Parliamo della ricostituzione della pensione o del suo ricalcolo. E adesso verremo come funziona.

“Salve, sono un pensionato che vorrebbe capire se conviene presentare la domanda di ricostituzione della pensione. Sono 5 anni che sono in pensione, e volevo verificare se avevo diritto a qualcosa in più di assegno. In 5 anni molto è cambiato nella mia vita. Mia moglie lavorava e adesso non lavora più. Inoltre credo che nel 2018, quando sono andato in pensione, l’INPS non mi ha pagato nella pensione, 5 anni di contributi che risultavano sospesi per dei problemi della azienda per cui lavoravo poi fallita. Secondo voi conviene che presento una domanda?”

Ecco quando i contributi possono essere il problema a una pensione “sbagliata”

Regole che cambiano negli anni, oppure situazioni reddituali, patrimoniali o di stato di famiglia che variano di anno in anno. O ancora, contributi non utilizzati per la liquidazione della prestazione, a prescindere dai motivi. Questi sono i casi da cui scaturisce il problema di una prestazione pensionistica pagata al pensionato e non corrispondente a quella che doveva effettivamente essere.

Non è raro che ci siano lavoratori che continuano a versare contributi dopo essere andati in pensione. E spesso capita che un lavoratore non abbia sfruttato la contribuzione versata in altri Fondi pensionistici sia per non pagare gli oneri della ricongiunzione, o semplicemente per disattenzione.

Inoltre, ci possono essere situazioni collegate al datore di lavoro, che magari non ha versato i contributi per il lavoratore in tempo utile per consentire allo stesso di usarli per la sua pensione.

Da questo punto di vista il dipendente è salvaguardato da eventuali ritardi ed omissioni dei datori di lavoro nell’adempimento dei propri obblighi assicurativi. Per esempio se dopo una causa in Tribunale, che come si sa può durare diversi anni, il lavoratore si trova con contributi in più nel proprio estratto conto, la domanda di ricostituzione può essere la soluzione. Come lo è per tutti gli altri problemi prima citati relativi alla contribuzione previdenziale utile al calcolo di un trattamento pensionistico.

Ecco quando sfruttare il ricalcolo per prendere un assegno più alto

La domanda di ricostituzione per motivi contributivi è una di quelle più utilizzate proprio perché anomalie sui contributi un lavoratore le può incontrare sempre. E dal momento che grazie alla ricostituzione si ottiene il ricalcolo della prestazione, spesso il pensionato ha diritto agli arretrati. Perché dopo la ricostituzione di pensione, oltre ad essere adeguati gli importi mensili che il pensionato prende nel futuro, vengono adeguati anche gli importi precedentemente percepiti. Ed a volte la nuova contribuzione accreditata, anche dopo la data di decorrenza della prestazione, può finire con il determinare addirittura un passaggio da un sistema di calcolo all’altro della prestazione.

Un tipico esempio è quello del pensionato che va in quiescenza con il sistema contributivo, perché alla data di liquidazione della prestazione non ha altri contributi versati prima del 1996. Se dopo la decorrenza del trattamento, emergono contributi antecedenti il 1996, evidente che per lo stesso pensionato ci sia il diritto al calcolo misto della prestazione. A prescindere dal perché i contributi nel sistema retributivo non erano stati utilizzati per liquidare in origine la prestazione.

E una pensione calcolata con il sistema retributivo o misto, può essere ben più alta di una calcolata esclusivamente con il sistema contributivo.

Solo per i contributi versati dopo la data di pensionamento, la ricostituzione non può essere utilizzata. In questo caso serve la domanda di supplemento di pensione. La ricostituzione infatti, a differenza della domanda di supplemento della pensione, guarda ai contributi precedenti la decorrenza del trattamento.

Ricostituzione e ricalcolo, ecco alcuni casi tipici

Il ricalcolo della pensione può derivare anche da modifiche normative sopraggiunte dopo la data di liquidazione della pensione. Per esempio se alla data di liquidazione di una prestazione, determinati periodi di contribuzione non erano validi. Ma lo sono diventati dopo un intervento del legislatore. La ricostituzione può tornare utile anche per motivi reddituali. Infatti sono assai diffuse le pensioni che hanno una parte importante del loro importo collegato a redditi. O ad altre situazioni personali e familiari del pensionato.

Il caso tipico è di chi alla data di liquidazione della pensione aveva altri redditi, da lavoro e non, che non gli consentivano le integrazioni al trattamento minimo o le maggiorazioni. Se con il tempo queste condizioni sono variate, e il pensionato rientra nel perimetro delle maggiorazioni o delle integrazioni, la ricostituzione per motivi reddituali è possibile.

Come lo è per quanti non percepiscono gli assegni per il coniuge a carico alla data di decorrenza del trattamento. Magari perché il coniuge a quella data aveva un proprio reddito che con il tempo è scomparso. In questo caso la ricostituzione serve per ottenere gli assegni familiari con il rateo di pensione.