Parlare di paradossi se l’argomento sono le pensioni, soprattutto in Italia, non è certo una rarità o una cosa esagerata. Infatti il sistema previdenziale nostrano sia per le regole di pensionamento che per le regole di calcolo per gli assegni pensionistici è ricco di particolarità che finiscono con lo sfociare proprio nel paradosso. Oggi infatti parliamo di contributi previdenziali che un lavoratore ha versato e che anziché sortire effetto positivo sulla pensione dal punto di vista degli importi, li penalizza fortemente.
In pratica parliamo di contributi dannosi per la pensione. Contributi che però il lavoratore può decidere anche di non utilizzare nel momento in cui va in pensione. Salvaguardando i propri interessi.
“Salve, volevo capire come funziona la facoltà di non utilizzare i contributi previdenziali della NASPI perché potrebbero ridurmi la pensione. Almeno così ho capito, visto che si tratta di contributi che non mi serviranno per andare in pensione avendone in totale 28 anni e arrivando a novembre a 67 anni di età. Credo di aver capito che ci sono dei contributi che finiscono con il condizionare negativamente la pensione. Volevo da parte vostra una delucidazione in materia.”

Pensioni, ecco quando è meglio chiedere all’INPS di non conteggiare alcuni anni di contributi versati

Soprattutto nel sistema retributivo si materializza una condizione molto particolare e spesso negativa per quanto riguarda il calcolo della pensione di un lavoratore. Infatti il sistema retributivo come tutti sanno permette di calcolare l’importo di una pensione basandolo sulle ultime retribuzioni percepite durante la carriera. E se nelle ultime annualità prima delle pensioni, ciò che incassa il lavoratore è poco rispetto al passato, il rischio è quello di perdere soldi di pensione in sede di calcolo del trattamento.
Oggi il sistema previdenziale italiano è quasi tutto contributivo, anche se la maggior parte dei lavoratori che vanno in quiescenza in questi anni, ci vanno con il sistema misto.
Un sistema basato in parte sul retributivo e in parte sul contributivo. Al contrario del sistema retributivo, il contributivo fa sì che le pensioni siano calcolate effettivamente sui contributi previdenziali versati durante la carriera di un lavoratore. Una delle differenze tra i due sistemi sta anche nel fatto che il contributivo espone a un problema in meno che è proprio quello del nostro odierno approfondimento.
Questo sistema non può mai in nessun caso produrre il problema di cui parliamo oggi e cioè i contributi dannosi. Infatti ogni euro di contribuzione che un lavoratore versa, finisce nel montante contributivo e determina una pensione più alta. Cosa che nel sistema retributivo non funziona così. E per chi negli ultimi anni di carriera percepisce uno stipendio inferiore rispetto alla media degli anni precedenti, ecco che il problema si manifesta tutto.

La quota retributiva del trattamento viene messa a rischio

Si rischia seriamente di compromettere una parte della propria pensione, se nell’ultima parte della carriera ci sono stati redditi più bassi. Se la pensione è tutta retributiva nessun dubbio riguardo il cattivo effetto di questo calo di retribuzione. Ma anche se la pensione è mista i rischi si corrono comunque, per ciò che concerne la quota retributiva. Passare dal lavoro a tempo pieno al lavoro part time negli ultimi anni di carriera oppure prendere la disoccupazione INPS al posto dello stipendio. Questi sono i casi di periodi di contribuzione che rischiano di incidere negativamente sulle prestazioni previdenziali.
Ciò che per il passaggio dal tempo pieno al part time appare logico e oggettivo, accade anche con la Naspi o con le vecchie indennità di disoccupazione dell’INPS. Infatti la Naspi così come il lavoro part time, non può mai essere di importo simile allo stipendio normale percepibile durante la carriera. E questo venire meno nelle retribuzioni sul finire della carriera, finisce con il determinante una perdita sulla quota retributiva della pensione.

Come neutralizzare i contributi che danneggiano la pensione

La legge però permette a un lavoratore di chiedere all’INPS, con una domanda, di non considerare questi contributi nel calcolare la pensione. Lo strumento si chiama neutralizzazione dei contributi. In pratica significa sterilizzare il proprio estratto conto dei contributi eliminando quelli che danneggiano l’importo della prestazione. Possono essere sterilizzati tutti i contributi che non servono per il diritto alla pensione. In pratica la possibilità di usare questo strumento è ad appannaggio di quanti, anche eliminando questi contributi, riescono comunque a maturare il diritto alla pensione. Da qualche anno anche la Cassazione si è esposta su questa materia sottolineando come la sterilizzazione dei contributi possa riguardare soltanto i periodi  distanti non più di 5 anni dalla decorrenza del trattamento pensionistico.