La legge di Bilancio ormai è in dirittura di arrivo. Stando ai termini classici, entro fine ottobre il governo dovrebbe portare a compimento il tutto, presentando la manovra che poi proseguirà il canonico iter parlamentare e delle commissioni. Molta attesa per il pacchetto pensioni, anche perché nonostante tutto sembrava ormai definitivamente confermato con le sole proroghe di opzione donna, dell’Ape sociale e di quota 103, adesso c’è una nuova misura in discussione. Non è naturalmente la quota 41 per tutti, come non è la quota 96 o la pensione flessibile a 62 per tutti.

La novità si chiama quota 84. Una misura nuova, che riguarda però solo le donne perché prenderebbe il posto di opzione donna. Ed oggi analizzeremo attentamente le differenze, soprattutto i pro e i contro di entrambe le misure.

“Buonasera, sono Maria una vostra lettrice che vorrebbe capire come funziona la quota 84, la nuova misura destinata a noi donne. Io ho 62 anni di età e sarei tagliata fuori giusto? Ma che senso ha varare una misura del genere se quest’anno nonostante 35 anni di contributi, mi hanno escluso da opzione donna perché non rientro nelle nuove categorie, e domani, non basteranno i miei 63 anni per andare in pensione. La trovo una cosa assurda.”

Breve cronistoria di opzione donna

La pensione con opzione donna è stata sempre una misura che ha riscontrato pareri positivi e negativi in base alla situazione anagrafica, lavorativa e reddituale delle potenziali donne interessate. Opzione donna è stata introdotta nel 2004 da un Governo Berlusconi. Si chiamava esattamente Regime contributivo sperimentale donna. Quindi si tratta di una misura nata sperimentale, ma confermata anno dopo anno fino al 2023, anche se nell’ultima proroga molto è cambiato rispetto alle origini. Perché con la proroga 2023 la misura ha subito una enorme riduzione di platea delle potenziali beneficiarie. Fino a tutto il 2022 infatti le regole erano sempre le stesse.

La pensione con opzione donna si prendeva per le dipendenti al completamento almeno di 58 anni di età e di 35 anni di contributi e per le autonome con 59 anni di età e sempre 35 anni di contributi. Requisiti da completare entro la fine dell’anno precedente, ricalcolo contributivo obbligatorio e finestra di 12 mesi, queste le particolarità della misura.

Cosa è cambiato ad opzione donna nel 2023

Nel 2023 invece, tutte le particolarità dette prima, cioè data di maturazione dei requisiti, finestre e così via, sono rimaste inalterate rispetto al passato. Ma è cambiata la platea delle beneficiarie. Che da tutte le lavoratrici indistintamente è stata ridotta a caregiver, invalide, licenziate e donne alle prese con crisi aziendali aperte (tavoli di risoluzione delle crisi aziendali al Ministero del Lavoro, per lo più per aziende con interesse nazionale elevato). Queste le lavoratrici a cui è stato concesso nel 2023 di lasciare il lavoro con 58 anni di età e 35 anni di contributi maturati nel 2022. Solo per invalide e caregiver un vincolo aggiuntivo legato ai figli avuti. Perché a 58 anni l’uscita è ammessa solo a quelle che avevano avuto almeno 2 figli nella loro vita. Per quante erano diventate mamma una sola volta, uscita a 59 anni mentre per le altre invalide e caregivers prive di figli, uscita a 60 anni.

Pensioni con quota 84? ecco chi ci guadagna e chi ci rimette con questa novità pensionistica

La quota 84 invece permetterebbe di uscire dal lavoro a 64 anni di età con almeno 20 anni di contributi. Ma sempre e solo con ricalcolo contributivo della pensione. Una novità la chiamano, ma non lo è per le lavoratrici che hanno iniziato a versare contributi, a qualsiasi titolo, dopo il 31 dicembre 1995. Perché la pensione anticipata contributiva oggi funziona esattamente così. E non sono solo le donne a poter utilizzare la misura. Infatti tutti coloro che non hanno versamenti in epoca retributiva oggi possono lasciare il lavoro esattamente a 64 anni di età con 20 anni di contributi ed una pensione pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale.

Resta il fatto che la quota 84 sembra sia stata individuata come la misura che prenderà il posto di opzione donna. E allora, cosa cambia per le lavoratrici?

Il confronto tra opzione donna e la nuova pensione con quota 84 di cui tanto si parla

Quindi, al via le pensioni con quota 84? ecco chi ci guadagna e chi ci rimette con questa novità pensionistica, che come vedremo ha dei pro e dei contro rispetto ad opzione donna. L’età di uscita dal lavoro è evidentemente a vantaggio di opzione donna, e non potrebbe essere diversamente visto che parliamo di una misura che consente, anche con tutti i vincoli odierni, di lasciare il lavoro a 58 anni di età (anche se con 12 mesi di attesa per il primo rateo di pensione). Quota 84 partirebbe da 64 anni di età. Naturalmente la quota 84 è una misura estesa a tutte le lavoratrici, anche se come dicevamo, c’è chi già oggi ha una misura di questo genere da sfruttare che si chiama pensione anticipata contributiva. Opzione donna, soprattutto nella versione 2023 riguarda davvero poche lavoratrici. Senza considerare poi il fatto che 20 anni di contributi sono nettamente meno dei 35 anni che servono ad opzione donna. In questo caso però va detto che bisognerà capire cosa intende fare il governo. perché se si copiasse il meccasnimo delle già citate pensioni anticipate contributive, il vincolo della pensione alta almeno 2,8 volte l’assegno sociale, rischia di diventare ostacolo insormontabile per chi ha 20 anni di contributi o qualcuno in più. Perché arrivare a superare 1.400 o 1500 euro di pensione con soli 20 anni di versamenti, non è facile.

Gli importi delle pensioni, ecco le differenze sostanziali tra le due misure

Dal punto di vista degli importi di pensione invece, la quota 84 sarebbe più favorevole di opzione donna, ma tutto dipende dall’età di uscita dal mondo del lavoro.

Appare evidente subito che perdendo il beneficio dell’uscita a 58 anni di età le donne uscendo a 64 anni, anche a parità di contributi, prenderebbero una pensione più alta. Nonostante il ricalcolo contributivo delle prestazioni resti un fattore obbligatorio per entrambe le misure. Tutto dipende dai coefficienti di trasformazione del montante contributivo in pensione. I coefficienti sono tanto più favorevoli quanto più alta è l’età con cui si va in pensione. Questo vale per qualsiasi misura pensionistica e non soltanto per le due del nostro focus quotidiano.

Esempio di calcolo delle pensioni con opzione donna e con la quota 84

Un esempio chiarirà meglio il tutto. Prendiamo una lavoratrice con 35 anni di carriera e 58 anni di età che entra nel perimetro di opzione donna. Se ha 350.000 euro di montante contributivo (ipotizzando stipendio lordo 30.000 euro e costante negli anni e aliquota contributiva 33% come prevede il FPLD), prenderebbe una pensione di 15.330 euro annui, cioè 1.179 euro al mese circa. Il coefficiente usato a 58 anni è pari a 4,38%. Uscendo a 64 anni, con la stessa identica carriera e con lo stesso stipendio medio, prenderebbe 18.130 euro annui. Cioè 1.394 euro al mese per 13 mesi. Il coefficiente a 64 anni è pari al 5,18%. I calcoli fatti sono solo ipotetici e frutto di dati aleatori naturalmente, ma servono per comprendere le differenze. Che però non riguardano le misure in quanto tali. Perché anche con opzione donna una lavoratrice a 64 anni prenderebbe il medesimo trattamento di quota 84. Perché anche se opzione donna resta attiva, non è detto che tutte riescano a centrare 35 anni di contributi già a 58, 59 o 60 anni. Più facile arrivarci a 64 naturalmente.