Andare in pensione a 63 anni, o meglio, a 63 anni e mezzo, è facoltà di quanti rientrano nel perimetro dell’Ape sociale. Possono avere accesso a questa misura i disoccupati, i caregiver, gli invalidi e gli addetti al lavoro gravoso. A ogni categoria si applicano una serie di requisiti aggiuntivi e delle carriere contributive diverse. Ma alcune volte, i requisiti aggiuntivi previsti dalla normativa possono essere facilmente aggirati perché le regole lo consentono ed anche l’INPS lo conferma. Quindi tutto lecito e a regola d’arte.

“Buongiorno, sono un lavoratore che vorrebbe sfruttare l’occasione della pensione con l’APE sociale quando compirò 63 anni e 5 mesi di età il prossimo settembre. Volevo sfruttare la possibilità grazie al fatto che ho mia madre disabile grave e quindi vorrei sfruttare il fattore caregiver. Ma non vivo con mia madre, anche se siamo nello stesso stabile ed abitiamo uno di fronte all’altro al primo piano di un condominio. Cosa dovrei fare, chiedere al Comune se uno dei due si sposta come residenza nell’altra casa? O posso evitarlo?”

Pensioni a 63 anni, ecco una soluzione che pochi conoscono ma ammessa dall’INPS

Come dicevamo, sono diverse le categorie di soggetti che hanno diritto all’Ape sociale. Per esempio, ci sono gli addetti ai lavori gravosi, che svolgono un lavoro logorante da 7 degli ultimi 10 anni o da 6 degli ultimi 7 anni. Se arrivano a 63,5 anni di età e 36 anni di contributi, questi lavoratori possono andare in pensione con l’Ape sociale.

E poi ci sono i disoccupati che hanno terminato di prendere la Naspi e che quindi sono senza ammortizzatore sociale e senza lavoro. Per loro bastano 30 anni di contributi versati alla pari degli invalidi, che però per essere considerati come potenziali beneficiari dell’Ape sociale devono avere una invalidità civile confermata dalla commissione medica pari ad almeno il 74%.

Altra categoria a cui si applica l’Anticipo Pensionistico Sociale è quella dei caregiver, come è il nostro lettore, o almeno come pensa di diventare. Il caregiver assiste un parente stretto disabile grave sotto legge 104 con cui convive da almeno sei mesi prima di poter presentare la domanda di Ape sociale.

La convivenza, la dimora temporanea, il numero civico e l’interno, ecco cosa bisogna capire per essere un vero caregiver

Ed è proprio questo il fattore determinante per poter percepire l’anticipo pensionistico sociale come caregiver. Bisogna convivere con il coniuge o con un parente di primo grado disabile grave. Il fatto della convivenza però apre ad alcune particolarità che magari non vengono considerate.

Cosa significa convivenza, bisogna stare esattamente sotto lo stesso tetto, nella stessa casa e quindi con lo stesso numero civico? O basta una situazione come quella del nostro lettore, cioè vivere in uno stesso stabile anche se in due appartamenti diversi?

A fugare i dubbi ci ha pensato direttamente l’INPS, che ha parlato anche di dimora temporanea come di condizione non ostativa verso l’Ape sociale come caregiver.

La pensione a 63 anni, ecco come andarci come caregiver

In pratica, basterebbe la dimora temporanea presso il parente stretto invalido ed assistito. Quindi, stando a questa interpretazione larga delle regole, l’interessato all’Ape sociale non dovrà necessariamente avere la convivenza anagrafica, anche se viene sottolineato che serve avere lo stesso numero civico.

In parole povere, anche non figurando nello stesso nucleo familiare dal punto di vista anagrafico, il vivere nella stessa casa, con lo stesso numero civico, ammette la possibilità di essere considerati caregiver per l’Ape sociale. Numero civico identico, come presumibilmente è quello del nostro lettore, anche se con la madre ha un interno diverso.

C’è però anche la soluzione della dimora temporanea, con tanto di iscrizione nell’elenco delle popolazione temporanea come previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n° 223 del 1989.

Parenti stretti, ma anche affini, ecco le persone che possono aprire le porte alla pensione di un caregiver

Infine, va detto che, anche se si tende a considerare valido il coniuge o il parente di primo grado come invalido bisognoso di assistenza da parte del caregiver, l’INPS ha chiarito che in determinate circostanze sono validi anche i parenti di secondo grado o gli affini, sempre entro il secondo grado.

Parliamo di nonni e nipoti come parenti in linea retta, oppure di fratelli e sorelle come parenti in linea collaterale. E poi, suoceri, generi, nuore, i figli dell’altro coniuge per gli affini di primo grado e i cognati per gli affini di secondo grado.

Per parenti di secondo grado e affini, però, servono alcune condizioni aggiuntive che devono avere gli invalidi, i quali non devono avere alternative all’assistenza del richiedente l’Ape sociale, nel senso che devono avere determinate età e determinate condizioni personali e familiari.