Andare in pensione a 64 anni di età si può fare seguendo diverse vie oggi a disposizione. Infatti esiste una misura destinata ai contributivi puri. E poi a 64 anni di età possono uscire anche quelli che rientrano nella Quota 103 piuttosto che nell’Ape sociale. Chi è nato nel 1960, in base alla sua carriera contributiva può sfruttare diverse misure. Ma conviene lasciare subito il lavoro o aspettare il raggiungimento della giusta età pensionabile?

“Volevo capire se faccio la scelta giusta rimandando la pensione nonostante ho raggiunto i requisiti.

Ho completato 36 anni di contributi versati proprio questo mese ed essendo da sempre un lavoratore del settore siderurgico, potrei rientrare nell’Ape sociale. Secondo voi conviene che lascio il lavoro subito o resto fino ai 67 anni di età?”

“Gentile redazione, mi chiamo Filippo e volevo un consiglio da parte vostra. Ho la possibilità di andare in pensione nel 2024 perché ho appena completato 41 anni di contributi versati. Ho 64 anni di età e potrei andare in pensione con la Quota 103. In alternativa ho raggiunto intesa con il mio datore di lavoro che può licenziarmi così mi metto in disoccupazione. Se i conti che ho fatto non sono sbagliati, mi troverei a 66 anni di età alla fine della Naspi. Un anno senza reddito posso stare, aspettando i 67 anni di età per la pensione di vecchiaia. Secondo voi conviene la seconda via o la prima?”

Pensione subito a 64 anni o aspettare i 67? Cosa cambia e che calcoli fare

Due lettori, entrambi di 64 anni, si trovano davanti alla possibilità di andare in pensione immediatamente o di attendere. Ciascuno di loro ha maturato il diritto a due diverse misure pensionistiche, ciascuna con le sue particolari limitazioni e penalizzazioni.

Tuttavia, per uno dei due potrebbe essere vantaggioso pensionarsi subito, mentre per l’altro, avendo la possibilità di aspettare la pensione di vecchiaia ordinaria, potrebbe essere più saggio posticipare.

“Pensionarsi subito a 64 anni o attendere?” Questo è il dilemma che affrontano entrambi, un dilemma che probabilmente condividono molti altri lettori.

Pensione con l’APE sociale, perché sì e perché no

Partiamo dal primo caso, quello di un lavoratore che potrebbe accedere immediatamente alla pensione tramite l’Ape sociale. Si pone quindi la questione: è meglio pensionarsi subito a 64 anni con questa misura o attendere fino ai 67 anni? L’Ape sociale, in realtà, non rientra nel concetto tradizionale di previdenza, ma si configura più come una misura di assistenza.

Infatti, è considerata un tipo di reddito ponte che supporta il lavoratore fino al raggiungimento dei 67 anni di età. Questo ammortizzatore sociale è accessibile già dai 63 anni e 5 mesi di età, con almeno 30 anni di contributi versati, per categorie specifiche quali caregiver, invalidi, o disoccupati, oppure con 36 anni di contributi per coloro che hanno svolto lavori particolarmente gravosi.

Pertanto, è possibile ottenere la pensione a 64 anni mediante l’Anticipo pensionistico sociale, sebbene questa opzione presenti delle limitazioni significative che potrebbero indurre alcuni potenziali beneficiari a posticipare il pensionamento.

Le limitazioni dell’Anticipo pensionistico sociale, eccole

Le penalizzazioni dell’assegno e i limiti associati all’APE sociale rappresentano aspetti cruciali da valutare. Ad esempio, questa misura non include la tredicesima mensilità, pertanto l’interessato riceverà solamente 12 mesi di prestazione annua.

Inoltre, è importante sottolineare che l’APE sociale non prevede la reversibilità in caso di decesso del pensionato, non contempla maggiorazioni sociali e non riconosce assegni per il nucleo familiare. L’importo erogato al momento dell’avvio della prestazione rimane fisso fino al raggiungimento dei 67 anni di età, a causa dell’assenza di un adeguamento al tasso di inflazione.

L’Ape sociale, in pensione subito a 64 anni di età

Nel 2024, chi opta per la pensione con l’Ape sociale non è autorizzato a svolgere alcuna attività lavorativa, ad eccezione del lavoro autonomo occasionale, limitato a un reddito annuo fino a 5.000 euro.

Si deve anche considerare un importo massimo della prestazione che non può eccedere i 1.500 euro mensili.

Tuttavia, il nostro lettore interessato all’Ape sociale potrebbe comunque beneficiarne, poiché le restrizioni della misura vengono meno al compimento dei 67 anni di età. A questo punto, infatti, l’Ape sociale termina e i beneficiari sono tenuti a presentare una nuova domanda per la pensione di vecchiaia ordinaria.

Rimanendo in attività lavorativa per altri tre anni, il nostro lettore potrebbe ottenere una pensione più elevata, grazie ai contributi versati durante questo periodo aggiuntivo. Questo rappresenta un vantaggio considerevole derivante dal posticipare l’uscita dal mondo del lavoro di tre anni, in attesa di raggiungere i 67 anni per la pensione di vecchiaia ordinaria.

Il salasso della pensione con quota 103

La situazione del secondo lettore, in relazione alla quota 103, differisce notevolmente. Questa misura, operativa anche nel 2024, prevede il pensionamento a partire dai 62 anni di età con almeno 41 anni di contributi versati. Tuttavia, il governo ha optato nel 2024 per trasformare questa misura in contributiva, influenzando negativamente l’ammontare della pensione percepita dal lavoratore per il resto della sua vita.

Questa decisione rende meno vantaggiosa la pensione anticipata a 64 anni. In particolare, coloro che al giorno d’oggi hanno accumulato 41 anni di contributi e più di 18 anni di essi prima del 1996, subiranno un notevole ridimensionamento dell’assegno pensionistico.

Chi, alla data del 31 dicembre 1995, aveva già versato almeno 18 anni di contributi, potrebbe vedere la propria pensione ridotta fino al 35%. Ciò è dovuto al sistema di calcolo misto: retributivo per i contributi versati fino al 31 dicembre 2011 e contributivo per i periodi successivi.

I calcoli e tutto quello che c’è da considerare sulla pensione subito a 64 anni

Il nostro secondo lettore dispone di un’opzione da considerare attentamente: può scegliere di entrare in disoccupazione e beneficiare della Naspi per due anni. Questo gli permetterebbe di mantenere un reddito nonostante il licenziamento.

Optando per attendere fino ai 67 anni di età, potrebbe conseguire un’assegno pensionistico significativamente più elevato rispetto a quello previsto dalla quota 103.

La differenza sostanziale risiede nel calcolo della pensione: la quota 103 si basa su un sistema contributivo, a differenza della pensione di vecchiaia, che non presenta un limite massimo di importo. La quota 103 stabilisce, infatti, un tetto massimo pari a quattro volte il trattamento minimo.

Al raggiungimento dei 67 anni, il pensionato avrebbe diritto a una pensione calcolata con un coefficiente di trasformazione più vantaggioso, beneficiando inoltre dei due anni di contributi figurativi accumulati durante il periodo di Naspi.

È importante sottolineare che il limite massimo della prestazione, fissato a quattro volte il trattamento minimo, non si applica più una volta compiuti i 67 anni, anche permanendo nella quota 103. Di conseguenza, pensionarsi immediatamente a 64 anni non è sempre la scelta più vantaggiosa, poiché molto dipende dalle circostanze individuali.