La pensione di vecchiaia ordinaria si centra una volta raggiunti i 67 anni di età. Questa età anagrafica è quella oggi in vigore, ecco perché si chiama ordinaria. Significa, ma come vedremo solo sulla carta, che un lavoratore giunto a 67 anni di età deve poter andare in pensione. Se pensiamo che anche l’assegno sociale, cioè la principale misura assistenziale dell’INPS, è liquidata al raggiungimento dei 67 anni di età, evidente che questa sia, dal punto di vista anagrafico, la fregola di base del sistema.

Ma a volte i 67 anni di età non bastano. In alcuni casi per la carenza dei contributi. In altri casi per via di un importo troppo basso di pensione spettante. E man mano che passano gli anni, queste autentiche limitazioni che fanno perdere il diritto alla pensione a 67 anni, sono sempre più frequenti.

“Salve, ieri al mio Patronato mi hanno avvisato di una situazione davvero paradossale che mi metterà in serie difficoltà. Mi hanno dato la triste notizia che a novembre, quando compirò 67 anni di età, non prenderò la mia pensione. Eppure ho 22 anni di contributi. Da come ho interpretato io la risposta del mio Patronato, dovrò lavorare ancora fino a novembre 2027. Ma non ho capito il perché. Potete darmi una spiegazione voi?”

La pensione di vecchiaia contributiva, ecco come funziona

Andare in pensione a 67 anni anche se dovrebbe essere la regola, in alcuni casi non lo è. Come ci dimostra il lettore del nostro quesito, a volte non bastano i 67 anni. E nemmeno a fronte di una carriera contributiva superiore a quella minima prevista che resta pari a 20 anni. Perché la pensione di vecchiaia ordinaria, se riguarda i contributivi puri, potrebbe slittare davvero nel tempo, arrivando a essere fruibile solo dopo i 67 anni di età. Ed effettivamente si chiama pensione di vecchiaia contributiva. Che è un tipo di pensione che si può ottenere con meno vincoli, solo a 71 anni di età.

A dire il vero, a quella età i contributi da completare sono soltanto 5 anni, ma resta il fatto che parliamo di una pensione a una età molto elevata. Che, come vedremo, riguarda anche soggetti che hanno oltre i 20 anni di contributi. Pensioni queste che riguardano soggetti e lavoratori privi di contributi versati antecedenti il 1996. E dal momento che si tratta di soggetti che rientrano a pieno titolo nel sistema contributivo, ecco che i vincoli anche per le pensioni di vecchiaia sono maggiori.

Perché sono sempre di più i lavoratori contributivi al 100%

Man mano che passano gli anni, il profilo dei lavoratori che escono dal lavoro e vanno in pensione è sempre di più spostato sulle pensioni contributive. Diventano anno dopo anno sempre meno i lavoratori che riescono a godere di un trattamento misto calcolato per la maggiore con il sistema retributivo. Perché sono sempre di meno quelli che hanno già 18 o più anni di contributi versati prima del 1996. Questi soggetti avrebbero diritto al calcolo misto della pensione, con il retributivo che in virtù dei 18 e più anni versati al 31 dicembre 1995, arriva al 2011. E come è noto, il sistema retributivo è più favorevole come importi delle pensioni rispetto al sistema contributivo.

Ma più passano gli anni e sempre di più sono i lavoratori che vanno in pensione esclusivamente con il sistema contributivo. Perché come dicevamo, hanno iniziato a versare contributi solo dopo il 1° gennaio 1996. E sono proprio questi i lavoratori a cui si applicano le severe regole della pensione di vecchiaia contributiva. Che porta di fatto la pensione ad essere fruibile dopo i 67 anni ed in alcuni casi, solo a 71 anni.

In pensione oltre i 70 anni di età, ecco perché sono sempre di più i penalizzati

Il nostro lettore, da quanto possiamo interpretare noi in base al suo quesito, potrebbe essere un contributivo puro.

Perché evidentemente ha una carriera che è iniziata solo dopo il 31 dicembre 1995. La sua situazione è simile a chi non ha completato i 20 anni di contributi a 67 anni. Per il lettore la situazione non riguarda il numero di anni di contributi. Ma evidentemente riguarda l’importo della pensione. Perché per i contributivi puri, oltre all’età ed ai contributi, serve una pensione alta quanto meno 754 euro circa al mese.

La pensione di vecchiaia per i contributivi puri infatti si chiama pensione di vecchiaia contributiva e si centra con un assegno non inferiore ad 1.5 volte l’assegno sociale. Che per il 2023 è pari a 503 euro al mese circa. Assegno INPS per persone indigenti che ogni anno sale in virtù dell’aumento del costo della vita. Pertanto è probabile che nel 2024 non basterà nemmeno una pensione pari a 754 euro per consentire a chi è privo di carriera al 31 dicembre 1995, di accedere alla sua pensione di vecchiaia contributiva.

A 71 anni niente vincoli di importo per la pensione di vecchiaia contributiva

Ricapitolando, i contributivi puri possono essere certi della pensione solo a 71 anni, quando basteranno solo 5 anni di contributi e quando non ci sono importi minimi di pensione da rispettare. Naturalmente si tratta di una pensione calcolata interamente con il sistema contributivo e riguarda:

  • quanti non hanno contributi precedenti al 1996 e che hanno almeno 5 anni di contributi, ma non raggiungono i 20 anni;
  • quanti non hanno contributi antecedenti il 1996 e che anche con carriere superiori a 20 anni, non raggiungono una pensione pari o superiore ad 1.5 volte l’assegno sociale;
  • tutti quelli che hanno contributi precedenti al 1996, ma hanno optato per il computo presso la gestione separata e che hanno almeno 15 anni di contributi.

Al nostro lettore però suggeriamo di controllare la situazione anno dopo anno e non di aspettare passivamente i 71 anni di età. Perché magari, dopo un ulteriore anno di lavoro la sua pensione può superare, grazie ai nuovi contributi versati, l’importo soglia di 1.5 volte l’assegno sociale.

E magari potrà lasciare il lavoro nel 2024 o nel 2025, senza dover attendere necessariamente il 2027 e il compimento dei 71 anni di età.