Alla morte di un pensionato, il coniuge, eventualmente alcuni figli o altri parenti in assenza di coniugi e figli, possono prendere la pensione di reversibilità. Ma anche se il defunto non era ancora pensionato alla data del decesso, ci sono le possibilità di prendere qualcosa di simile. Si chiama in questo caso, pensione indiretta. Ed è ciò che ci chiede una nostra lettrice, da poco diventata vedova.

“Salve a tutti, mi chiamo Maria e sono da poco diventata vedova. Mio marito è morto dopo una lunga malattia.

Due anni di inferno. Mi chiedevo se posso prendere la pensione. Mio marito, morto a settembre, non prendeva pensione e per via della malattia, per 24 mesi abbiamo eroso tutti i risparmi per tirare avanti. Non è che posso prendere la pensione indiretta? Mi sembra che tocchi alle vedove dei lavoratori, ma non conosco bene i requisiti.”

Pensione indiretta, ecco la reversibilità quando il defunto non era pensionato ma assicurato

In effetti, anche ai superstiti di una persona non ancora pensionata, l’INPS concede, al maturare di determinati requisiti sia del defunto che del superstite, una pensione. Non si tratta della reversibilità perché se il defunto non prendeva una pensione, non c’è niente da girare ai superstiti. Ma i familiari di un lavoratore hanno diritto alla pensione indiretta. Un trattamento simile alla reversibilità, ma con requisiti particolari.

Come funziona la pensione indiretta

Oltre al grado di parentela, per poter accedere alla pensione indiretta ci sono altri requisiti economici da rispettare. Dal punto di vista del calcolo la pensione indiretta è pari a una percentuale della pensione che il lavoratore avrebbe percepito in base ai contributi che aveva sempre alla data del decesso.

Il diritto alla pensione indiretta spetta al coniuge e all’unito civilmente. Anche in caso di separazione e divorzio. Ma a condizione che il superstite goda dell’assegno divorzile e che non abbia contratto un nuovo matrimonio.

 Ma spetta pure ai figli minorenni, a quegli studenti universitari fino a 26 anni. Spetta anche ai figli che frequentano altri percorsi di studio diversi da quelli universitari o corsi di formazione, ma solo fino a 21 anni di età.

Inoltre la pensione indiretta è ad appannaggio anche di figli disabili. In ogni caso, l’importante è che il figlio fosse a carico del defunto alla data del decesso e che non sia autonomo redditualmente. Se è presente il coniuge, la reversibilità spetta a lui in misura pari al 60% della pensione teoricamente spettante al defunto. Con un figlio avente diritto, la percentuale di pensione spettante al coniuge, sale all’80% e diventa pari al 100% della pensione se ci sono 2 o più figli aventi diritto.

Come si ripartisce il trattamento in assenza di coniuge o figli

Quando manca il coniuge, la reversibilità, che dipende anche dal 730, può passare anche ad altri parenti. Per esempio, senza coniuge, un solo figlio può percepire il 70% come pensione indiretta. Due figli invece possono prendere l’80% e 3 o più figli il 100% sempre della pensione che avrebbe percepito il defunto.

Se mancano anche i figli invece, la pensione passa ai nipoti minorenni a carico del nonno deceduto o ai genitori senza pensione propria con almeno 65 anni di età. Se mancano anche nipoti e genitori, la pensione indiretta spetta ai fratelli o alle sorelle, celibi o nubili, se inabili, senza pensione propria e a carico del defunto alla data del decesso.

Pure il defunto deve rientrare in determinati requisiti

Prima abbiamo visto che requisiti devono avere i superstiti per prendere la pensione indiretta. Ma ci sono requisiti che deve avere anche il defunto, perché ci sono differenze rispetto alla pensione di reversibilità. Infatti per quest’ultima misura, il fatto che il defunto prendeva una pensione, non pone problematiche aggiuntive per la buona riuscita della pratica di reversibilità.

Per la pensione indiretta, è necessario che il defunto abbia una determinata carriera contributiva. Infatti serve che il defunto alla data del decesso abbia già maturato almeno 15 anni di contributi (780 settimane). In alternativa possono bastare anche 260 settimane di contributi, pari a 5 anni di versamenti, ma 3 anni devono essere stati versati nei 5 anni che precedono la data del decesso.

La nostra lettrice quindi deve verificare in che condizioni era suo marito dal punto di vista contributivo. Dal momento che lei dice che da 24 mesi il marito era senza lavoro a causa della malattia, potrebbe accedere alla pensione solo se il defunto avesse maturato già 15 o più anni di contributi. Altrimenti non può vantare i 3 anni di contributi pieni nei 5 anni precedenti il decesso.