Sono molti i contribuenti italiani che si fanno domande sulle pensioni e sul funzionamento delle misure previdenziali in Italia. Soprattutto si chiedono se uscire prima dal lavoro e quindi non aspettare i 67 anni di età tipici della pensione di vecchiaia con l’età pensionabile, sia penalizzante. Anche perché su molte delle nuove misure introdotte in questi anni dal governo, che consentivano la pensione anticipata, si sono susseguite tante voci sulle penalizzazioni che hanno aumentato i dubbi dei lavoratori. Dubbi e incertezze che hanno riguardato molti lavoratori convinti che perfino la Quota 100 era una misura penalizzante.

Errato però parlare di penalizzazioni, perché escludendo opzione donna che chiede alle lavoratrici di accettare un ricalcolo completamente contributivo dell’assegno, tutte le altre misure non vengono penalizzate. Ma questo non vuol dire che uscire prima dal lavoro non dia una pensione spesso inferiore.  

“È vero che se esco dal lavoro e ottengo la pensione in anticipo ci rimetto molto dal punto di vista dell’assegno? Vi chiedo questo perché sto pensando seriamente di iniziare a verificare le mie possibilità di pensionamento. Ho 63 anni di età è quasi 40 anni di contributi versati. A dire il vero qualcuno mi aveva già consigliato di sfruttare la quota 100 lo scorso anno dal momento che avevo già raggiunto i requisiti previsti, cioè 62 anni di età e 38 anni di contributi versati. Ho avuto paura però di subire un taglio della pensione per via di questo anticipo. È davvero così, uscire prima dal lavoro costa parecchio?” 

Meno contributi meno pensione, questa la regola principale del sistema italiano

Le regole del sistema previdenziale italiano sono chiare e partono dal presupposto che è più contributi previdenziali si versano più si prende di pensione. Quindi è fisiologico il fatto che interrompere una carriera lavorativa in corso, perché si è raggiunto il requisito per una determinata uscita dal lavoro, di principio è sempre negativo.

Si tratta infatti di bloccare dei versamenti contributivi che se invece proseguono, possono portare ad un assegno più elevato nel futuro. Prendiamo ad esempio la pensione di vecchiaia con 42 anni di contributi versati, che a conti fatti è evidentemente più alta di una pensione con quota 102 che può sfruttare un lavoratore a 64 anni di età bloccandosi già a 38 anni di contributi. Quattro anni di contributi versati in più contano per determinare un assegno più alto. Senza considerare poi che l’uscita a 64 anni trasforma i contributi in pensione con un calcolo più negativo rispetto a chi invece esce a 67 anni. 

La sterilizzazione dei contributi, come funziona? 

Le regole generali, tra montante contributivo, coefficienti di trasformazione e calcolo retributivo, contributivo o misto, sono chiare. E sono tutti fattori determinanti per il calcolo di una pensione spettante ad un determinato lavoratore. Una pensione più alta o più bassa però viene determinata anche da altri fattori come per esempio la tipologia di contribuzione utile al calcolo. Per esempio avere una carriera ricca di contributi figurativi, anche se perfettamente validi sia per il diritto che per il calcolo della pensione vengono, incide anche sull’importo. E spesso incide in negativo.

I contributi figurativi sono più bassi di quelli effettivi

I contributi figurativi in genere sono inferiori ai contributi effettivi da lavoro, perché inferiore e il reddito percepito da periodi di non lavoro coperti da contribuzione figurativa. Lo dimostra il fatto che esiste uno strumento idoneo ad eliminare questo svantaggio per molti contribuenti. Si chiama neutralizzazione dei contributi, uno strumento che molti chiamano sterilizzazione. A prescindere dal nome, si tratta di uno strumento che permette di eliminare dal calcolo della contribuzione utile alla pensione, alcuni contributi che andrebbero invece ad incidere negativamente sul calcolo della pensione. 

Cosa ha sancito la Consulta con la neutralizzazione dei contributi 

La neutralizzazione dei contributi nocivi per una pensione è una opzione del lavoratore.

Neutralizzare significa eliminare contributi dal calcolo della pensione. E l’INPS, dallo scorso febbraio, ha affrontato l’argomento con una circolare esplicativa molto utile. Soprattutto perché richiama ad una sentenza della Corte Costituzionale. Gli ermellini della Consulta hanno affrontato proprio l’argomento della neutralizzazione dei contributi. Si tratta della facoltà che un contribuente ha di eliminare dal proprio calcolo della pensione i contributi figurativi sopraggiunti nelle ultime 260 settimane di contribuzione, se questa contribuzione non è necessaria a raggiungere i requisiti minimi per la pensione. La pronuncia dei giudici costituzionalisti e la susseguente circolare INPS spiegano nel dettaglio le procedure applicative per cancellare dal calcolo delle pensioni tutti quei contributi che invece di favorire l’assegno del diretto interessato, lo penalizzano.  

Neutralizzare i contributi per la pensione è possibile se trae vantaggio il contribuente 

Nello specifico la Consulta ha stabilito che un lavoratore che ha già maturato i requisiti per conseguire la pensione può scegliere di farsi cancellare dal calcolo della prestazione i periodi dannosi. In pratica quei contributi figurativi degli ultimi 5 anni di carriera, se questi abbassano l’importo della prestazione. Naturalmente se questi contributi servono per maturare il diritto alla pensione, è evidente che la sterilizzazione non può essere adottata. Basta pensare a chi grazie a questi figurativi raggiunge i 42 anni e 10 mesi di contributi utili alla pensione anticipata. Oppure anche per completare i 20 anni utili alla pensione di vecchiaia classica.