Anche sulle pensioni e sulla previdenza sociale citare il detto che non tutti i mali vengono per nuocere non è fuori luogo. Parliamo delle pensioni e di quella riforma delle pensioni che il governo, anche se aveva promesso di varare subito nel 2024, rimanderà agli anni successivi e probabilmente entro la fine della legislatura. Non tutti i mali vengono per nuocere perché la riforma delle pensioni se nascerà come sembra stiano studiando i tecnici, non sarà tutta rose e fiori. Per i lavoratori si potrebbero aprire scenari particolari e cioè pensioni anticipate si, ma anche penalizzate.

Ecco quindi che chi riesce ad andare in pensione nel 2024 con le misure di cui si parla, potrebbe riuscire a sfruttare per il resto della vita una pensione più alta di quella che riusciranno a fare in futuro gli altri.

“Buonasera, ma davvero le nuove misure della riforma delle pensioni saranno tutte contributive? Io a dicembre completo 41 anni di contributi e devo vedere se riesco a rientrare nei precoci. Ma se l’anno prossimo cambiano le regole, significa che prenderà una pensione più bassa di quella che oggi mi spetta? Il mio patronato mi ha detto che dovrei prendere 1.500 euro al mese di pensione netta, ma se le nuove regole, come sento dire, taglieranno le pensioni del 30%, perdo un pozzo di soldi. Quale è la verità?”

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Le pensioni in Italia cambieranno, perché anche se non nel 2024, tra qualche anno dovrà materializzarsi la riforma tanto attesa. E allora si che si potrà parlare di uscire con la quota 41 per tutti, oppure con misure più flessibili di quelle di oggi, magari partendo da 60, 61 o 62 anni. Ipotesi e idee, ma nulla può essere dato per certo oggi.

Una cosa però ormai la si è capita e riguarda le modalità con cui il governo finirà, se lo farà davvero, con il riformare il sistema.

Le misure che andranno a nascere per forza di cose dovranno essere contributive. Il nostro sistema previdenziale dal 1996 è entrato nel metodo contributivo. E le pensioni che vengono calcolate con il sistema contributivo e non più con il retributivo. Ma ancora oggi siamo in una fase di transizione. Perché chi ha iniziato a versare contributi prima del 31 dicembre 1995 gode ancora di quel vantaggio dettato dal calcolo misto. Ovvero, retributivo per gli anni precedenti il 1996 e contributivo dopo. O retributivo fino al 2012 con 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995.

Le nuove misure allo studio oggi, qualunque esse siano, probabilmente chiederanno al lavoratore di accettare il calcolo contributivo anche se avrebbe dovuto godere del calcolo misto. In pratica, tutti trattati alla stregua di chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995. Perché questa strada? Perché le pensioni calcolate con il contributivo, nove volte su dieci sono più basse di importo rispetto alle pensioni calcolate con ilo retributivo o misto.

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Questioni di cassa pubblica, di risparmio nella spesa previdenziale. Sono queste le motivazioni che indirizzano l’operato del governo verso misure tutte contributive anche se gli interessati hanno carriere che rientrano nel sistema misto. Far partecipare anche il lavoratore alla spesa che lo Stato deve sostenere per varare nuove misure. E mandare in pensione prima i lavoratori quindi, ma solo per chi non ha maturato già i contributi prima delle novità. Perché in Italia vige la regola della conservazione del diritto.

La cosiddetta cristallizzazione, che anche nelle regole di calcolo si dovrebbe applicare, salvo correttivi in corsa sempre dei legislatori. Per esempio chi come precoce oggi matura il diritto alla quota 41, anche se questa misura nel 2024 viene resa disponibile a tutti e contributiva, potrà ottenere l’assegno calcolato come oggi, con il sistema misto.

Più che uscire dal lavoro oggi, per evitare di rientrare nelle nuove misure e nella riforma contributiva, è fortunato chi matura il diritto a uscire prima della riforma. Godendo, quindi, dei vantaggi delle vecchie regole e non ricadendo nelle evidenti penalizzazioni delle nuove.