Tanti sono i titolari della pensione di reversibilità che hanno diritto ad un rimborso per gli ultimi 5 anni. Come canta J-Ax: “Niente è gratis dico pronto, pago il conto. Guardo lo specchio senza ribrezzo, con gli anni che ho ammetto adesso, potrei dare un prezzo a quello che ho. Pensavo bastasse il rock’n’ roll, bastasse l’instabilità. E invece anch’io ho scadenze tasse e responsabilità”. 

Tanti, in effetti, sono gli adempimenti con cui dobbiamo fare tutti quanti i conti.

Molti di questi, purtroppo, richiedono un esborso economico non indifferente. Proprio a proposito di soldi, interesserà sapere che molti titolari di pensione di reversibilità hanno diritto a un rimborso per gli ultimi cinque anni. Ma di chi si tratta?

Pensione ai superstiti indiretta e di reversibilità: chi ne ha diritto

Prima di vedere chi ha diritto ad un rimborso, ricordiamo che la pensione ai superstiti si presenta come un trattamento che viene riconosciuto in caso di morte “del pensionato (pensione di reversibilità) o dell’assicurato (pensione indiretta)”, a sostegno dei familiari superstiti. Tra questi si annoverano il coniuge e i figli. Ma non solo. Infatti, come spiegato sul sito dell’Inps, ne hanno diritto:

“In assenza del coniuge e dei figli o se, pur esistendo essi non abbiano diritto alla pensione ai superstiti, i genitori dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo abbiano compiuto il 65° anno di età, non siano titolari di pensione diretta o indiretta e risultino a carico del lavoratore deceduto”.

In assenza delle figure finora citate, ne hanno diritto i fratelli celibi e le sorelle nubili del pensionato o dell’assicurato che al momento del decesso risultino inabili al lavoro, non percepiscano alcun trattamento pensionistico e siano fiscalmente a carico del lavoratore morto.

Pensione di reversibilità, scopri se spetta il rimborso degli ultimi 5 anni

I famigliari superstiti che possiedono redditi propri hanno dovuto fare i conti con una riduzione dell’importo della pensione di reversibilità.

Un modus operandi che, nel giugno 2022, è stato considerato incostituzionale dalla Corte Costituzionale.

L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha quindi deciso di porre rimedio a tale situazione effettuando un rimborso. Ad averne diritto sono coloro che hanno dovuto fare i conti con un trattamento decurtato nel periodo compreso dal 2019 al 2023.

A partire dl 2024 i conteggi saranno effettuati tenendo conto dei nuovi criteri. Entrando nei dettagli, i tagli sono  effettuati a partire da coloro che possiedono un reddito proprio superiore a quattro volte il trattamento minimo e non rientrano in nuclei familiari con all’interno minori, studenti o disabili. Soffermandosi sui limiti di reddito oltre ai quali sono scattati i tagli, come si legge sul sito di Altroconsumo, si tratta dei seguenti:

  • “nel 2019 per redditi personali oltre i 20.007,39 euro annui;

  • nel 2020 e nel 2021 per redditi personali oltre i 20.107,62 euro annui;

  • nel 2022 per redditi personali oltre i 20.449,26 euro annui;

  • nel 2023 per redditi personali oltre i 21.985,86 euro annui.

    Il conguaglio spetta per la pensione di reversibilità riconosciuta al coniuge o ad altri soggetti in assenza del coniuge”.

I soggetti interessati e aventi diritto al rimborso non devono presentare alcuna richiesta. Sarà la stessa Inps a procedere d’ufficio a calcolare gli arretrati e a effettuare il relativo pagamento. In caso di dubbi, comunque, si consiglia di rivolgersi a un patronato o direttamente all’Istituto di previdenza per ottenere informazioni dettagliate in merito.