Anche se può sembrare paradossale ci sono lavoratori che anche se hanno maturato il diritto per andare in pensione, potrebbero fare meglio, in alcuni casi specifici, a restare al lavoro. Ed è il caso per esempio di chi può uscire dal lavoro con 62 anni di età e con 20 anni di contributi versati come oggi prevede la nuova quota 103. La misura, nettamente vantaggiosa come uscita, ha una netta controindicazione per quanto riguarda i limiti di importo della prestazione. E per questo motivo chi può dovrebbe pensare bene di restare in servizio e continuare a lavorare.

Anche perché come requisiti contributivi la distanza dalla pensione anticipata ordinaria non è tanta.

“Buonasera, io più che un quesito vorrei da voi un consiglio. Se a giugno raggiungo i tanto attesi 41 anni di contributi e pure i 62 anni di età, sono certo di poter andare in pensione con la quota 103. Da voi vorrei un consiglio sul da farsi. Secondo me la misura mi penalizza dal momento che posso prendere una pensione fino a massimo 2.818 euro al mese. Secondo me dovrebbe essere di circa 3.500 euro la mia pensione lorda. Che significa che se davvero esco con la quota 103 perderò una parte della pensione per molti anni. Ma allora non conviene?”

In pensione con quota 103: alcune particolarità che la rendono penalizzante e meno buona di quello che sembra

La pensione con quota 103 è il proseguo del lavoro che il governo ha fatto con la precedente legislatura. Il primo governo Conte, quello con Lega e Movimento 5 Stelle in maggioranza, varò la quota 100. Si andava in pensione con 62 anni di età e con 38 anni di contributi. Nel 2022 invece fu varata la quota 102, in sostituzione proprio di quota 100. E la pensione per quotisti diventò a 64 anni con 38 anni di contributi. Quest’anno invece, si parlava di introdurre la quota 41 per tutti. Ed invece è uscita una quota 41 per chi ha almeno 62 anni di età.

Infatti questa è l’età minima utile alla quota 103, per la quale però servono 41 anni di contributi versati.

Ma la misura rispetto alle precedenti ha dei limiti. E non parliamo del divieto di cumulo dei redditi da pensione con redditi da lavoro ad esclusione del lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro. Questo divieto vale per la quota 103, ma valeva anche per le altre due misure che l’hanno preceduta. Il vincolo differente è di importo della pensione. Infatti la pensione spettante con quota 103 non può essere come importo mensile lordo, superiore a cinque volte il trattamento minimo previsto dalla legislazione vigente. Cioè esattamente una pensione non più alta di 2.818,70 euro.

I calcoli sulla convenienza delle pensione con quota 103: è penalizzante?

Effettivamente quello che dice il nostro lettore è un vincolo particolare che lo riguarderà da vicino se davvero sceglierà di andare in pensione con la quota 103. Il problema fondamentale della misura è proprio il fatto che l’importo massimo della pensione lorda erogabile non può superare le 5 volte il trattamento minimo dell’INPS. Una pensione lorda che spesso chi ha oltre 41 anni di contributi versati supera abbastanza agevolmente. Questo significa che il nostro lettore a fronte di una pensione con qualche anno di anticipo, ne riceverà una più bassa.

Ma il problema di fondo però è che tali limitazione di importo si avrà fino ai 67 anni di età che poi sarebbe la soglia utile alla pensione di vecchiaia ordinaria. Infatti solo a 67 anni la pensione verrebbe ricalcolata con l’aggiunta della parte di assegno mancante e figlia della limitazione di quota 103 prima citata. Un calcolo che il nostro lettore così come qualsiasi altro lavoratore che si trova in questa condizione, dovrebbe valutare attentamente.

La distanza dalla pensione anticipata ordinaria non è molta

Se si guarda alla pensione di vecchiaia ordinaria la quota 103 a 62 anni è nettamente vantaggiosa.

Ben 5 anni prima dei 67 anni è l’età che può sfruttare il diretto interessato a questa misura. Ma se il paragone si fa con la pensione anticipata ordinaria la distanza è di molto inferiore. Per esempio il nostro lavoratore proseguendo a lavorare, uscirebbe dal lavoro a 63 anni e 10 mesi, perché arriverebbe a 42,10 anni di contributi versati.

Significa che con un anno e 10 mesi di lavoro ulteriore il lettore potrebbe evitare di perdere 5 anni di assegno pieno di pensione. Se invece l’interessata fosse stata una donna, dal momento che per le lavoratrici le anticipate ordinarie si centrano con 41,10 anni di contributi, quota 103 anticipa l’uscita di soli 10 mesi. In pratica, con solo 10 mesi di anticipo sulla pensione si arriverebbe a 5 anni (da 62 a 67 anni di pensione tagliata). Non certo la migliore misura possibile quindi questa quota 103.

Occhio a importi e contributi, la convenienza è tutta da dimostrare per la pensione quota 103

Oltretutto, la pensione con quota 103 viene calcolata con un sistema misto, dal momento che inevitabilmente l’interessato ha contributi versati prima del 1996. E per il calcolo della quota contributiva si utilizza il coefficiente di trasformazione previsto dalla normativa vigente in base all’età di uscita. E questo coefficiente a 62 anni di età è meno favorevole per il pensionato rispetto ad un’uscita più in là con gli anni.

Significa che uscendo dopo circa due anni di lavoro il nostro lettore potrebbe prendere una pensione calcolata con un coefficiente di trasformazione più favorevole. A questo c’è da aggiungere il fatto che due anni circa di lavoro ulteriore per arrivare ai 42 anni e 10 mesi di contribuzione della pensione anticipata ordinaria significano due anni di contribuzione in più versata nel montante contributivo. E anche in questo caso si tratta di una pensione più alta rispetto a quella che si percepisce con la quota 103 che risulta essere più penalizzante. Evidente quindi che la quota 103 come pensione anticipata potrebbe risultare sfavorevole a molti lavoratori che possono scegliere strade differenti.