Ormai sulla quota 103 si è detto tutto e ormai la misura è ampiamente stata spiegata a tutti i lavoratori che potranno usufruire di questo canale di pensionamento anticipato che fino a ora non c’era. La pensione con quota 102 è solo un ricordo. E dal primo gennaio del 2023, cesserà di essere una misura valida, a esclusione di chi ha cristallizzato il diritto anche per gli anni a venire. La misura è stata sostituita da quota 103 e pertanto cambiano i requisiti di uscita per la pensione con le quote del Governo Meloni.

Non solo quota 103, ecco l’altra grande novità del Governo

Ma la misura sarà affiancata da un’altra novità sostanziale che è quella di un bonus per chi, nonostante sia nelle condizioni di accedere alla misura, vi rinuncerà restando al lavoro ed evitando di andare in pensione in anticipo. Un bonus che bisogna capire bene per evitare di commettere errori per poi pentirsene. Partendo dal dato di fatto che forse rimandare la pensione nel 2023 conviene.

“Buonasera, mi chiamo Davide e sono un lavoratore che sta davvero pensando di lasciare il lavoro nel 2023 una volta raggiunti i 41 anni di contributi versati. In effetti raggiungerò 41 anni di contributi ad aprile, e pensavo già lo scorso anno di iniziare a puntare la quota 41 per i precoci. Dovevo verificare solo se avevo i prescritti 12 mesi di contribuzione antecedente il diciannovesimo anno di età. Ma credo davvero che quel requisito lo centro tranquillamente. Adesso però oltre che la quota 41 potrei percepire la quota 103, dal momento che a gennaio compirò 62 anni di età. Una novità del Governo che probabilmente non cambia per me l’importo della pensione o il diritto all’uscita dal lavoro. Ho in pratica due possibilità di uscire dal lavoro. Una novità ininfluente, quindi, tranne che per una mia idea che è sopraggiunta dopo aver letto il testo della Legge di Bilancio.
Si parla del bonus per chi resta al lavoro e rinuncia alla pensione. E dovrebbe valere pure per la 103. Mi spiegate come funziona dal momento che se davvero è conveniente a livello di stipendio, io un altro paio d’anni di lavoro li potrei anche fare.”

Pensione con quota 103 nel 2023, come funziona?

In pensione un anno prima con la quota 103: ultimissime riforma

In pensione un anno prima con la quota 103: ultimissime riforma

Il nostro lettore è uno dei tipici esempi di soggetto che si trova con 41 anni di contributi versati con la possibilità, essendo lavoratore precoce e rientrando nelle categorie lavorative della quota 41, di aver accesso non a una ma a due misure. Infatti nel 2023 alla quota 41 si affiancherà anche la quota 103. La cosa in comune tra le due misure è che hanno bisogno di 41 anni di contributi versati. Il nostro lettore quindi può scegliere tra quota 41 e quota 103, senza che per lui cambi molto dal punto di vista dell’importo dell’assegno e dal punto di vista delle possibilità di uscire dal mondo del lavoro. Infatti la quota 103, seguendo le regole delle altre pensioni a quota degli anni precedenti, nel settore privato dovrebbe avere una finestra di tre mesi. Una decorrenza posticipata della pensione come la quota 41 per i precoci. Inoltre la pensione, in entrambe le misure, viene calcolata con il sistema misto che consente di percepire una pensione più alta rispetto al metodo contributivo.

Il bonus per chi resta al lavoro e non va in pensione

Ma adesso che nel sistema è entrata la quota 103, c’è anche il cosiddetto bonus Maroni. E forse per qualcuno rimandare la pensione nel 2023 conviene. Una agevolazione che non si chiama proprio così ma che richiama alla misura introdotta dall’allora Ministro del Lavoro di un Governo Berlusconi, il compianto Roberto Maroni. Era il 2003, e fu introdotto un bonus in busta paga per i lavoratori che, anziché andare in pensione, decidevano di restare in servizio con lo scopo di recuperare uno stipendio maggiore.

Anche alla quota 103 il suo bonus, e rimandare la pensione nel 2023 conviene

Operazione che si ripete adesso con la quota 103. Una specie di disincentivo a usare la misura di pensionamento anticipato per il Governo ha introdotto. L’idea di fondo che ha dato i natali alla misura è sempre quella del risparmio della spesa pubblica. Anche la quota 103 infatti, pur non essendo una misura abbastanza facile da percepire dal momento che prevede 41 anni di contribuzione versata, ha un costo per le casse dello Stato. Quindi, una riduzione di platea dei potenziali beneficiari è sempre ben accetta da chi deve fare i conti e deve farli quadrare dal punto di vista della spesa previdenziale. Meno lavoratori scelgono quota 103, meno soldi spende lo Stato.

Come funziona il nuovo incentivo ribattezzato Bonus Maroni

In termini pratici il bonus sullo stipendio per chi resta al lavoro vale solo in funzione della quota 103. In parole povere chiunque si trovi ad aver maturato già i requisiti utili alla quota 103, potrebbe scegliere di restare al lavoro godendo di una busta paga più alta. Un bonus allettante come dimostra la dichiarazione del nostro lettore che si dice pronto a restare al lavoro per un altro paio d’anni. Barattando così la pensione in anticipo con una busta paga più elevata. I lavoratori dipendenti che nel 2023 saranno in possesso dei requisiti per Quota 103 potrebbero essere spinti alla rinuncia per lo stesso motivo.

A chi conviene rimandare la pensione nel 2023

Parliamo di lavoratori che si trovano già con almeno 62 anni d’età a 41 anni di contributi che, decidendo di restare al lavoro, godrebbero di una maggiorazione di stipendio. I lavoratori che decideranno di rinviare l’uscita dal mondo del lavoro otterranno in busta paga, e direttamente dal datore di lavoro, poco meno del 10% in più di stipendio.
Verrebbe riversata nella loro busta paga la quota contributiva a carico del lavoratore stesso, che stando alle attuali normative è pari a circa il 9,19%. Un aumento di stipendio che forse finisce con la considerazione che rimandare la pensione nel 2023 conviene. Anche perché occorre fare i conti con ciò che significa 2 anni circa di lavoro in più.

Chi arriva a 41 anni di contributi potrebbe restare in servizio fino alla soglia dei 42 anni e 10 mesi di contribuzione. Lavorando fino al raggiungimento della pensione anticipata ordinaria. E circa 2 anni in più di lavoro significa accantonare due anni in più di contributi. Che significherebbero in futuro qualche centinaio di euro in più di pensione.