“Il consiglio che voglio dare alle persone disabili è di concentrarsi sulle cose che la disabilità non impedisce di fare bene e di non rimpiangere ciò che non si riesce a fare. Non siate disabili nello spirito, come nel corpo“, affermava Stephen Hawking. Parole che dovrebbero diventare il mantra di ogni società che intende favorire l’inclusione sociale.

Partendo da questo presupposto, infatti, è possibile intuire l’importanza delle misure a sostegno delle persone più fragili. Tra questi, ad esempio, si annoverano i permessi Legge 104 che possono essere richiesti per assistere un famigliare con handicap grave e non autosufficiente.

Proprio soffermandosi sulla Legge 104, spesso si fa confusione tra parenti, affini e i relativi gradi. Entriamo quindi nei dettagli e vediamo chi può effettivamente richiedere e beneficiare delle varie agevolazioni previste con la Legge 104.

Legge 104, cosa prevede e finalità

Come si evince dall’articolo 1 della Legge 104 del 5 febbraio 1992, così come pubblicata in Gazzetta ufficiale, la Repubblica italiana:

“a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società;

b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali”.

Il Governo, quindi, mette a disposizione tutta una serie di misure volte a garantire un aiuto alle persone con uno stato di disabilità.

Parenti e affini ed entro quale grado: ecco chi può chiedere la 104

Oltre ai vari interventi da parte del Governo, però, a rivestire un ruolo importante sono i parenti e gli affini che si prendono cura della persona non autosufficiente. Nello specifico, infatti, possono richiedere i permessi Legge 104: genitori; coniuge oppure convivente; parenti e affini entro il secondo grado.

Ne hanno diritto anche parenti e affini entro il terzo grado.

Questo se i genitori, il coniuge o il convivente hanno più di 65 anni, oppure se quest’ultimi sono affetti a loro volta da disabilità o sono deceduti. Ma qual è la differenza tra parenti e affini? Ebbene, la parentela è il rapporto che intercorre tra persone che discendono da uno stesso stipite e che sono legate da un vincolo di consanguineità. L‘affinità, invece, fa riferimento al rapporto con i parenti del coniuge.

Parenti e affini, ecco di chi si tratta

Al fine di evitare di fare confusione, proponiamo di seguito un elenco dei parenti e degli affini, con relativo grado. Ebbene, i parenti di primo grado sono i genitori e figli, sia biologici che adottivi. Sono considerati di secondo grado, invece, i nonni, i fratelli e i nipoti. Quest’ultimi si fa riferimento ai figli dei figli. I parenti di terzo grado, invece, sono i bisnonni, gli zii, i nipoti. In quest’ultimo caso si fa riferimento ai figli dei fratelli.

Per quanto concerne gli affini, invece, sono considerati di primo grado i suoceri. I nonni del coniuge e i cognati, sono affini di secondo grado. Per finire sono affini di terzo grado, invece, bisnonni, zii e nipoti del coniuge.