L’unica via d’uscita anticipata dal mondo del lavoro per le donne lavoratrici continua a restare “opzione donna”. La scelta, tuttavia, può comportare un taglio fino a 600 euro sulla pensione che si andrà a percepire.

Lo evidenzia anche ANIEF, uni dei principali sindacati del settore scolastico.

I requisiti per la pensione anticipate delle donne

Opzione donna è un trattamento pensionistico “anticipato” per il cui accesso possono farne richiesta le lavoratrici dipendenti ed autonome che hanno maturato i previsti requisiti entro il 31 dicembre 2020.

In dettaglio, possono accedere a tale forma pensionistica anticipata, le lavoratrici che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2020, un’anzianità contributiva pari a 35 anni ed un’età anagrafica pari o superiore a:

  • 58 anni (per le lavoratrici dipendenti)
  • 59 anni (per le lavoratrici autonome).

Altro requisito fondamentale è che sia cessata l’attività di lavoro dipendente (cosa, invece, non richiesta per le lavoratrici autonome).

Opzione donna: il calcolo della pensione è solo “contributivo”

In caso di domanda per opzione donna, la pensione sarà calcolata esclusivamente con le regole del sistema “contributivo”. Si tratta di un sistema che si basa sui contributi versati e non sulla retribuzione percepita negli anni di lavoro.

L’applicazione del solo sistema contributivo comporterebbe, come denuncia ANIEF, il rischio di una riduzione fino al 30% in meno sull’assegno pensionistico. Quindi, ad esempio, una lavoratrice che avrebbe diritto a percepire 2.000 euro di pensione al mese, preferendo opzione donna potrebbe ritrovarsi a percepire 1.400 euro (un taglio mensile di 600 euro).

“Si continua a giocare sulla pelle di chi ha lavorato una vita e invece di ritrovarsi con una pensione degna di questo nome viene messo di fronte a un bivio, se non ad un ricatto”.

Queste le parole del leader di ANIEF, Marcello Pacifico.

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