Ci sono contribuenti che non possono andare in pensione e il problema proviene da provvedimenti legislativi del passato che potevano sembrare positivi all’epoca ma che a conti fatto oggi non lo sono. Un nostro lettore oggi si trova esattamente in questa condizione e il fatto clamoroso è che probabilmente non si tratta di un caso isolato.

“Buongiorno, sono Davide, un vostro assiduo lettore che compie 67 anni a giugno. Ho un negozio di generi alimentari che chiuderà non appena andrò in pensione.

Lo sapete però che nonostante il mio negozio è aperto da 25 anni non ho 25 anni di contributi? Mi spiego meglio. Non ho versato sempre contributi, perché non riuscivo a far fronte alle spese e quindi alcuni trimestri non li ho versati. Ho chiesto al mio commercialista di farmi i conti su quanto devo versare in modo tale da arrivare almeno a 20 anni di versamenti in tempo fino a quando farà il compleanno. Ma mi dice che non ho da versare nulla perché i miei debiti furono cancellati dal condono. Ed oggi mi trovo con 19 anni di versamenti e quindi senza la quota minima per la pensione. Mi date una mano voi a capire cosa è successo?”

Niente pensione per chi ha sfruttato leggi del passato i cui effetti non sono stati positivi

Alcune sanatorie delle cartelle esattoriali introdotte in questi ultimi anni hanno prodotto per alcuni contribuenti il medesimo problema manifestato dal nostro lettore. In pratica per via dei provvedimenti di sanatoria, che per cartelle esattoriali sotto i mille euro le cancellavano automaticamente, c’è chi si trova senza i contributi previdenziali per le pensioni.

Quindi, anche le posizioni debitorie con l’INPS sono finite nel provvedimento di cancellazione automatica dei debiti. Si parla delle pendenze più vecchie e di basso importo. Un provvedimento di sicuro vantaggio per i contribuenti, dal momento che cancellavano posizioni debitorie pregresse.

Il problema però è che si sono trattati i contributi previdenziali come un qualsiasi altro balzello, tassa o tributo. Ma se una tassa evasa poi azzerata non produce effetti negativi su un contribuente, generando solo un mancato gettito per lo Stato, nel caso dei contributi tutto cambia. Perché i contributi previdenziali sono utili alle pensioni.

Quindi, chi non versa non mette da parte soldi per la sua futura pensione. E chi non versa a sufficienza può anche finire con il non arrivare a completare i periodi di contribuzione necessari per poter andare in pensione.

La salvaguardia ha resuscitato i contributi cancellati, ma le istanze sono scadute

Al nostro lettore diciamo che non tutto è perduto. Anche se evidentemente ha saltato un passaggio normativo 2023 che poteva tornagli utile e che adesso approfondiremo. Infatti lo scorso anno fu concesso, ai contribuenti che si trovavano con la necessità di recuperare i contributi INPS cancellati dallo stralcio fino a 1.000 euro, di inoltrare istanza all’INPS.

In pratica fu concessa la possibilità di chiedere all’INPS di pagare quanto dovuto. Le domande scadevano il 10 novembre 2023. E il pagamento del debito precedentemente cancellato doveva sopraggiungere entro la fine del 2023. Solo in questo modo lo scorso anno alcuni contribuenti hanno risolto la loro posizione per la pensione.

Quali cartelle sono state cancellate e da che provvedimenti che adesso minano le pensioni

Si parla sempre di quelle cartelle esattoriali sotto i 1.000 euro annullate automaticamente da parte del Concessionario alla Riscossione senza che il contribuente doveva presentare domanda. Si deve ricordare che i provvedimenti di cancellazione automatica delle cartelle esattoriali, comprese quelle relative a pendenze contributive nei confronti dell’INPS sono stati due.

Il primo è quello previsto dall’articolo n° 4 del DL n° 119 del 2018, che guardava a cartelle diventate tali entro il 2010. Il secondo invece è quello derivante dalla Legge di Bilancio dello scorso anno, in vigore dal primo gennaio 2023, precisamente dall’articolo n° 1 comma 222 della legge 197 del 2022.

Provvedimento che estese la cancellazione ai debiti fino al 2015. Debiti cancellati ma contributi per la pensione non accumulati Questo ciò che molti tra artigiani, commercianti e autonomi adesso si trovano a dover risolvere.

Dai versamenti volontari alla Pace Contributiva, ecco alcune soluzioni potenziali

Con la circolare numero 86 del 10 ottobre 2023 l’INPS spiegò nel dettaglio il funzionamento di questo autentico ripescaggio dei debiti. Le associazioni di categoria di molti lavoratori autonomi riuscirono a spingere i legislatori a risolvere quello che rischiava di diventare un gravissimo problema per molti lavoratori. Al nostro lettore diciamo che avrebbe dovuto provvedere lo scorso anno a mettersi in regola. Per il momento infatti non ci sono novità in materia e non ci sono provvedimenti simili all’orizzonte.

Questo non vuol dire che la salvaguardia che resuscitò quei contributi lo scorso anno, non sarà riportata in azione per l’anno nuovo. Perché le associazioni più che una salvaguardia temporanea chiedevano interventi strutturali. Bisognerà avere pazienza e controllare le normative che come sempre sono volubili e suscettibili di repentini cambiamenti. Inoltre ci sono altri strumenti oggi utili per riempire la propria posizione contributiva per la pensione, dai riscatti della laurea alla Pace Contributiva e fino ai versamenti volontari.