Spetta di diritto la pensione a chi si licenzia? Spesso si sente parlare di collegamento tra la NASPI o tra le varie indennità di disoccupazione INPS e le pensioni. In primo luogo perché in genere il periodo di disoccupazione indennizzato per chi perde involontariamente il proprio lavoro, è coperto da contribuzione figurativa. Inoltre, alcune misure oggi in vigore sono destinate proprio a chi proviene da un periodo di disoccupazione indennizzata. Ed è proprio su queste misure che oggi apriamo un focus, perché alcuni lettori ci chiedono spiegazioni sul collegamento di queste prestazioni alle indennità per disoccupati.

“Salve, sono Davide, un vostro lettore assiduo che vorrebbe capire se può andare in pensione nel 2024 con la quota 41 per i precoci. Non rientrando in nessuna delle categorie di lavoro gravoso previste, non essendo invalido e non avendo invalidi a carico, volevo valutare l’idea di licenziarmi al completamento dei 41 anni di contributi. Io termino questa carriera a febbraio 2024. Posso andare in pensione con quota 41 se mi licenzio proprio a febbraio? Grazie.”

“Salve, sono un facchino e leggo che la mia attività lavorativa, che svolgo da 20 anni, può dare diritto alla pensione a 63 anni. Il mio compleanno è il 20 novembre. Ma ho solo 32 anni di contributi e non 36 come mi dicono devo avere per l’Ape sociale. Ma se mi dimetto dal posto di lavoro, come disoccupato i 32 anni mi bastano. Secondo voi i miei calcoli sono giusti?”

Due le misure di pensionamento per le quali serve aver preso prima la Naspi

Oggi esistono due misure di pensionamento che riguardano chi ha perso il posto di lavoro ed ha preso l’indennità per disoccupati dall’INPS. Si tratta nello specifico della quota 41 per i precoci e dell’Ape sociale. Le due misure hanno più o meno le stesse platee di riferimento. Infatti entrambe si applicano ai disoccupati, agli invalidi, ai caregivers ed ai lavori gravosi.

Solo per quest’ultima categoria, la quota 41 per i precoci ne prevede solo 15, mentre per l’Ape sociale alle 15 della quota 41 se ne aggiungono diverse altre. Tornando alla questione dei disoccupati però, meglio capire bene quali sono i requisiti delle due misure. Perché naturalmente sono diversi.

La quota 41 per i precoci disoccupati richiede:

  • 41 anni di contributi versati;
  • 35 anni di contributi effettivi da lavoro (senza figurativi di malattia o disoccupazione);
  • fine del periodo di fruizione della Naspi da almeno 3 mesi.

L’Ape sociale invece è una misura che per i disoccupati presuppone:

  • almeno 63 anni di età;
  • almeno 30 anni di contributi versati;
  • naspi presa per tutta la sua durata.

Niente pensione a chi si licenzia, ecco le due misure che bloccano chi da le dimissioni

Come abbiamo visto, diversi i requisiti per le due misure, anche se entrambe riguardano pure i disoccupati. Una cosa che accomuna le misure però è che la Naspi deve essere goduta tutta, anche se per la quota 41 la domanda di pensione si può presentare solo dopo 3 mesi dall’ultima mensilità di indennità di disoccupazione percepita. Pertanto, chi non rientra nel perimetro della Naspi non può accedere a nessuna delle due misure. Essere semplicemente privi di occupazione non basta. Vale la pena forse ricordare, per quanto attiene la durata della Naspi, che la misura viene erogata dall’INPS per un numero di settimane pari alla metà delle settimane lavorate effettivamente nei 4 anni precedenti l’interruzione dell’ultimo rapporto di lavoro. Sempre che i precedenti periodi di occupazione e disoccupazione successivi, non abbiano dato diritto ad altre prestazioni per disoccupati. La durata massima della Naspi pertanto è di 2 anni.

Come funziona la Naspi ed a chi spetta

Come si legge sul sito dell’INPS, per la Naspi si considerano disoccupati i soggetti privi di impiego che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

Lo stato di disoccupazione ai fini della Naspi deve essere involontario quindi, e proprio come specifica l’INPS, niente Naspi per i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni volontarie o di risoluzione consensuale. Pertanto entrano nel perimetro della Naspi quanti hanno perso il lavoro per:

  • licenziamento a prescindere dal motivo (anche quello disciplinare);
  • scadenza di un contratto di lavoro a tempo determinato;
  • dimissioni per giusta causa;
  • dimissioni non riconducibili alla libera scelta del lavoratore;
  • dimissioni durante il periodo tutelato di maternità;
  • risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;
  • accettazione dell’offerta di conciliazione.

La pensione a chi si licenzia non viene tolta se parliamo di quella di vecchiaia tuttavia potrebbe essere ostruito l’accesso a queste forme di uscite anticipata. Solo chi ha perso il lavoro in uno dei modi prima citati può avere accesso alla Naspi prima, e alle due misure di pensionamento sopra citate poi. Naturalmente bisogna anche prendere tutta la Naspi spettante e quindi occorre fare bene i calcoli. Presupponiamo infatti che entrambi i nostri lettori, che sono davvero vicini al completamento dei requisiti, l’uno di quota 41 e l’altro dell’Ape sociale, hanno diritto a lunghi periodi di Naspi. Non sappiamo con certezza, perché mancano le loro informazioni più dettagliate, se di 24 mesi o meno, ma resta il fatto che probabilmente per loro due la pensione slitterà di diversi mesi. Ma godranno dell’indennità per disoccupati. E anziché attendere l’apertura delle finestre o di completare i requisiti per le pensioni, devono semplicemente attendere che finiscano di prendere tutta la Naspi spettante.